NAPOLI (Di Anna Calì) – “Mi manca Giancarlo, un fratello, una persona con la quale parlare, confrontarsi, discutere e divertirsi. Un fratello con la sua famiglia e i suoi bambini. Un fratello al quale raccontare i problemi ma non solo. Un fratello è questo, e avermelo portato via è un dolore che non finisce mai, un dolore per sempre”, termina così l’intervista telefonica tra la giornalista Anna Calì e il fratello di Giancarlo Siani, Paolo. Parole piene di malinconia, nostalgia per il tempo che non si è potuto godere, per il poco tempo passato assieme e soltanto nei pensieri Paolo potrà continuare a parlare con suo fratello e raccontargli tutto ciò che sta accadendo alla sua vita, sì, ma anche quante cose sono cambiate e quante altre sono rimaste invariate in seguito al suo brutale assassinio.
Il 23 settembre 1985, la camorra metteva in atto una delle sue peggiori esecuzioni: senza pietà, senza coscienza, ma soprattutto senza un briciolo di umanità, decise di interrompere la vita del collega Giancarlo Siani. Napoli si preparava ad accogliere l’autunno. Era stata un’estate piena di lavoro ma ricca di soddisfazione per Giancarlo, che era stato scelto per sostituire un collega che era andato in ferie presso la nota redazione de “Il Mattino”. Quest’ultima, vista come un punto d’arrivo un trampolino di lancio per chi come lui ha scelto la strada del giornalismo.
Nella sua carriera giornalistica si era dedicato ai giovani, ai diritti negati, alla cultura, alla politica ma soprattutto alla cronaca e alla camorra. Scriveva senza aver paura di qualche ritorsione, scriveva perché i cittadini avevano il diritto di sapere e di essere informati su quanto stava accadendo. Nomi, dettagli, particolari: sapeva bene come doveva utilizzare le sue fonti ma soprattutto verificava sempre la veridicità delle cose e, fu proprio a causa di un articolo scritto a giugno dell’85 sull’arresto del Clan Gionta e il legame con i Nuvoletta che, Siani fa scattare qualcosa nella mente dei criminali. Lui aveva parlato, aveva detto troppo ed è per questo motivo che era arrivato il momento di farlo tacere per sempre, è così che la pensano i camorristi: tu parli e noi ti uccidiamo!
Un agguato vero e proprio che era stato progettato già nei mesi scorsi: nessuna intimidazione, nessun avvertimento, niente. Silenziosamente il clan Nuvoletta stava mettendo in scena l’escalation finale. Due i killer che per un lungo tempo hanno studiato le abitudini di quel giovane che da pochi giorni aveva spento la sua 26esima candelina. Giancarlo però non amava soltanto la professione di giornalista, amava Vasco Rossi e la sua fidanzata Daniela.
Quella sera, infatti, i due dovevano andare proprio a un concerto di Vasco, ma Giancarlo decide di non andarci: il giorno dopo inizia un’altra lunga settimana di lavoro e preferisce riposare. Daniela non controbatte alla decisione, anzi lo capisce e, decide per questo motivo di andarci con un amico. La saluta con un bacio, inconsapevole però, che sarà l’ultimo. Non immagina minimamente che non vedrà più la sua Daniela e non potrà più andare a un concerto di Vasco.
Salta sulla sua Mehari verde, divenuta poi, un simbolo. Da Vico Equense si dirige verso Napoli, precisamente a Piazza Leonardo, al Vomero dove vive con la sua famiglia.
Molti giovani sono per strada, all’esterno dei bar, per godere gli ultimi istanti di quell’estate. Giancarlo li passa a salutare in maniera veloce ed è lì che loro lo vedono. I killer sono lì, non potevano sbagliare. La Mehari sfreccia veloce, Giancarlo non si rende conto di nulla, è troppo felice e in pace con se stesso perché sa che sta facendo tutto bene e alla luce del sole.
“Spara, spara!”, grida uno di loro. Il tempo di arrivare sotto casa e la vita del giornalista Siani si fermerà per sempre. Dieci colpi di pistola sono bastati per spegnere i sogni del giovane giornalista. Perché la camorra pensava che mettendo a segno un attentato così vile, avrebbe portato via dalla mente di tutti il nome di Giancarlo”, ma il sangue di una persona perbene che ha svolto egregiamente la sua professione non può essere spazzato via da dei colpi di pistola.
Grida, pianti, disperazione e i killer fuggono via, soddisfatti di quello che hanno fatto.
Ma la loro soddisfazione, ben presto verrà trasformata nella parola: giustizia. Per chiarire i motivi che hanno determinato la sua morte e identificare i mandati sono stati necessari 12 anni e tre pentiti. Tutti condannati all’ergastolo.
“Tante cose fatte, sì. Ma fatte dopo dieci anni. Solo in pochi abbiamo tenuto alto il ricordo, ora invece, fortunatamente la rotta si è invertita”.
A distanza di 39 anni, Giancarlo vive ancora e lo sarà per sempre. Grazie alle iniziative promosse dal fratello Paolo, dalla Fondazione Giancarlo Siani Onlus ma anche mediante i tanti libri che raccontato la sua vita, è possibile, infatti poter leggere anche tutti gli articoli che lo stesso Siani ha pubblicato nel corso della sua vita grazie alla raccolta: “Le parole di una vita. Gli scritti giornalistici”, che possa essere questa lettura un monito per tutti coloro che vorranno approcciarsi al mondo del giornalismo o per chi lo è già. E vi sorprenderà scoprire di come le sue inchieste e i suoi articoli possano essere trasportati nella società odierna e, di come la mafia ancora debba essere debellata. Come ci conferma il dott. Paolo Siani, loro speravano che nel momento in cui mettevano a tacere Giancarlo ci sarebbe stato il silenzio e soprattutto non ci sarebbe stata la reazione. Invece, è avvenuto ciò che loro non pensavano potesse avvenire: tutti ne parlano e tutti lo ricordano.
È forse questo il giusto “riscatto” per combattere la mafia? Parlare e fare rumore!
INTERVISTA AL DOTTOR PAOLO SIANI.
Nel libro “Le parole di una vita” viene menzionata questa frase: “In fondo non c’è differenza tra giornalista pubblicista o giornalista professionista; la differenza è solo nei due aggettivi, che non mutano l’impegno culturale, sociale e civile di chi scrive, ma indicano solo il rapporto di lavoro; potremmo dire che il pubblicista è giornalista part-time; il professionista è a tempo pieno. Giancarlo Siani ignorò, come tanti che vogliono realizzare il sogno, questa ripartizione: fu sempre a tempo pieno, perché il giornalismo era la sua. Come se lo immagina il Giancarlo in questa società?
“Questa è una domanda che mi fanno in tanti. Ma posso solo dire che: non lo so. Giancarlo non c’è più. Sottrarre la vita a una comunità, una persona intelligente come lui è una gravità estrema. Io non lo so oggi lui cosa sarebbe. Potrebbe essere un direttore o un semplice redattore. È triste pensarlo, se ci pensate. Un ragazzo giovane che con tanta passione, dedizione e bravura stava iniziando questa professione. Ed è triste pensare che non possiamo immaginare il suo futuro”.
Giancarlo Siani cronista de “Il Mattino” ucciso per colpire la libertà di stampa”. Cosa pensa al tal proposito della legge del bavaglio e di come gli organi di stampa non abbiano più la giusta importanza?
“È sbagliato. Il bavaglio a chiunque viene messo è sbagliato. Tutti devono dire e scrivere quello che pensano, senza offendere nessuno. Il giornalista, in più, deve dire cose che sono state verificate. Giancarlo studiava sempre e diceva cose sempre verificate tramite le sue fonti. Abbiamo bisogno di chi fa questo mestiere, perché il giornalista deve raccontarci i fatti per farceli capire; c’è bisogno di informazione e di farci capire tutto tramite delle spiegazioni”.
Un giornalista-giornalista, questo era Giancarlo che scriveva di politica, cultura ma soprattutto di cronaca. Ed è proprio per la cronaca che è morto. Si percepiva già qualcosa nell’aria, aveva lui paura della sua stessa vita?
“Lui non aveva paura. In quell’epoca non si parlava quasi di camorra. Non c’era un’alta attenzione sulle mafie, subentrata poi nel ’90. Non c’era Roberto Saviano e non c’erano giornalisti minacciati. Lui sapeva di scrivere cose complicate, difficili e pericolose. E lui mi rispondeva sempre che: “Non rischio. Io racconto e descrivo i fatti, a rischiare è l’arma dei Carabinieri”, mi tranquillizzava questa cosa. Lui non si limitava mai a raccontare solo i fatti, anzi spiegava dettagliatamente tutto ciò che accadeva durante la notizia, com’è accaduto con l’arresto di Gionta a Marano perché nessuno immaginava questo legame con il clan Nuvoletta. Nessuno si aspettava ciò. Loro erano convinti che la cosa sarebbe finita lì, penso che avrebbero potuto fare un avvertimento invece no.. hanno deciso di agire diversamente eliminandolo. Non si aspettavano una forte reazione dal popolo e dalla città. Una reazione che dura ancora oggi. Lei stessa è la dimostrazione di questa reazione, nonostante la giovane età e nonostante non abbia vissuto quel periodo, pensa a Giancarlo e addirittura ne legge i suoi articoli”.
Neanche il tempo di festeggiare il compleanno e pochi giorni dopo accade ciò che nessuno si sarebbe immaginato. Le andrebbe di rivivere quei momenti?
“Io tornavo dall’ospedale. Il nostro pomeriggio in ospedale terminava alle 21 e la mia macchina veniva subito dopo quella della polizia. Fui uno dei primi ad arrivare sulla scena”.
Mesi fa durante la visione del film ci sono stati degli applausi poco graditi. Lei è andato in quella scuola?
“Quegli applausi ancora non li abbiamo ben capiti. Quei pochi ragazzi che hanno applaudito, forse non si sono resi conto di quello che stavano facendo, anche perché pochi giorni dopo in quella scuola è andato Gianmarco, mio figlio a parlare del film e non ha avuto la percezione di quanto fosse accaduto. Abbiamo discusso molto anche con le insegnanti, infatti, l’anno prossimo torneremo in quella scuola per far rivedere Fortapàsc. Ma comunque sia, questo è un allarme. Perché se non si sanno le cose e non si parla, è facile cadere e scegliere il male”.
Pensa che Siani possa essere inserito all’interno di un vero e proprio programma didattico?
“Penso che già lo sia. Molte scuole ci coinvolgono. Tante altre invece lo fanno già, perché leggo tramite Facebook e giornali. Non solo qui in Campania, ma anche fuori regione. È un simbolo, forse perché è più vicino ai ragazzi per l’età e per quello che faceva. Il racconto della sua breve vita, colpisce molto e serve a far capire ai ragazzi quanto la mafia faccia schifo.
Come funziona la Fondazione Giancarlo Siani e il Premio Siani?
“La fondazione è presente da 4 anni, il premio da tanti. Ma quest’anno l’abbiamo cambiato un po’; abbiamo chiesto a dei nostri amici scrittori: Maurizio De Giovanni, Lorenzo Marone, Viola Ardone e Silvio Perrella di farci consigliare dei libri. Li abbiamo scelti e sottoposti alle scuole per farli leggere. Ci sarà il giudizio dei ragazzi e il migliore avrà il premio. Quest’ultimo avrà il premio Siani, mentre le scuole avranno un dono da noi, una somma per comprare libri per ringraziare per ciò che hanno fatto.
Quant’è importante la cultura nella società odierna e perché oggigiorno viene sottovalutata?
“La cultura è importante. È la chiave di volta. I ragazzi della scuola del Sud, non avendo scuola a tempo pieno, poiché ci sono meno ore scolastiche vivo questo svantaggio. Non ci sono palestre, biblioteche, qualcosa che possa far occupare a loro il tempo. La cultura dev’essere vista come la svolta per cambiare la vita e l’approccio con essa. Dove c’è meno cultura, c’è più mafia.
Pensa che prima o poi riusciremo a eliminare definitivamente la mafia?
“La dico come la diceva Falcone: come tutti i fenomeni umani ha un inizio e una fine. Quindi, sì. E del resto se guardiamo quanta repressione sia stata fatta dalle forze dell’ordine, allora un barlume di speranza c’è. Che cosa non è stato fatto in questi anni? Secondo me, colpevolmente: è stata la mancanza di prevenzione. Se guardiamo gli articoli di Giancarlo, i nomi dei clan mafiosi degli anni ’80, sono gli stessi di oggi. Le stesse famiglie. Questo significa che chi nasce in una famiglia mafiosa, non può far altro che diventare tale, non lo sceglie, lo diventa e basta. A meno che, non abbia una scelta e un’opportunità come la cultura. Perché essa è propria la salvezza. Lo stesso lavoro lo fa Di Bella che sposta i ragazzi dal sud per portarli al nord, nonostante i lamenti delle mamme, lui continua a portare avanti questa idea e, pensa che dopo tanta titubanza, sono poi le stesse mamme che chiedono di essere trasferite al nord insieme ai figli perché si rendono conto che effettivamente poi la vita può cambiare”.
Tra i tanti articoli ci sono anche quelli dedicati al terremoto dell’80 che leggendoli mi ha fatto venire in mente quanto stia accadendo a Pozzuoli con il bradisismo. Perché nonostante siano passati tutti questi anni continuano a esserci questi problemi e questo assenteismo da parte delle istituzioni?
“Perché lo Stato specie al Sud è assente. I comuni sciolti per mafia sono per la maggior parte qui al Sud”.
State pensando di organizzare qualcosa per i 40 anni?
“Abbiamo in cantiere molte cose, sì. Ci stiamo lavorando già da diversi mesi per fare una grande manifestazione a Napoli e non solo.”
FOTO DI GIANCARLO SIANI FONTE FONDAZIONE GIANCARLO ONLUS
I GIORNALI ALL’INDOMANI DELL’UCCISIONE:
COSE CHE SONO STATE FATTE NEL RICORDO DI SIANI:
1999: Cortometraggio sulla vicenda Siani, dal titolo “Mehari”, diretto da Gianfranco De Rosa, per la sceneggiatura del giornalista napoletano e amico di Siani, Maurizio Cerino.
2003: Premio Giancarlo Siani promosso da: comitato Giancarlo Siani; ordine dei giornalisti della Campania; Università degli studi Suor Orsola Benincasa, Associazione Giancarlo Siani e il quotidiano “Il Mattino”.
2004: Nelle sale cinematografiche “E io ti seguo” di Maurizio Felice
2005: Il teatro Diana mette in scena uno spettacolo teatrale: “ladri di sogni” che nel 2006 ha vinto il premio come spettacolo per le scuole e ragazzi con più presenze.
2009: Esce il film Fortapàsc
L’atrio del Palazzo delle Arti di Napoli è intitolato a Giancarlo Siani
2013: Intitolato il nuovo presidio dell’associazione libera a Ercolano
La Mehari è stata esposta sia presso le due camere del Parlamento e sia a Bruxelles alla sede del Parlamento Europeo
2014: Inaugurata la sala “23 settembre” nella scuola media di Villaricca già dedicata alla sua memoria.
2019: Nasce la fondazione Giancarlo Saini, presieduta dal Nipote Gianmario. Presidente Onorario, Geppino Fiorenza
La storia di Giancarlo Siani è raccontata nel libro di Raffaele Sardo: “Come nuvole nere”.
2024: Inaugurazione del murale a Giancarlo Siani a Marano di Napoli a Via Labriola.
Tante cose sono state fatte e tante altre ancora si faranno. Perché Giancarlo vive e vivrà per sempre e, chi appartiene alla categoria dei giornalisti deve continuare a portare in alto il suo nome.