NAPOLI (Di Anna Calì) – Ci hanno insegnato la favola che la camorra non debba mai toccare le donne e i bambini, una favola che purtroppo ci ha fatto svegliare troppo presto come lo dimostrano i fatti di cronaca. Gelsomina Verde, Annalisa Durante sono l’esempio di una malavita, di una camorra che ha perso l’ultimo “valore” che la rendeva a loro dire ancora “umani”. Oggi, 30 anni dalla vile uccisione di Don Peppe Diana. Un prete di Casal di Principe vittima di una vera e propria esecuzione in stile camorristico solo perché aveva avuto il coraggio di denunciare i traffici illeciti, le tangenti sui lavori edili e gli scontri che vigevano tra le varie fazioni della criminalità organizzata dei Casalesi. Proprio quest’ultimi avevano deciso di concludere il cerchio e così, il sabato del 19 marzo 1994 nel giorno del suo onomastico mentre si preparava per celebrare la messa, Don Peppino Diana venne raggiunto da 4 colpi di pistola, uno lo colpì al volto, rendendolo così irriconoscibile agli occhi degli amici e dei suoi fedeli. I colpi sparati non sono un caso, perché in queste circostanze il “caso” non esiste e c’è sempre una correlazione. In questa storia, i colpi furono 4, proprio come gli anni in cui ha prestato il suo servizio alla gente del suo popolo e, purtroppo però, iniziò a capire che troppe cose non andavano ed è per questo che decise di far sentire la sua voce. Come Giancarlo Siani, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Peppino Impastato, questi alcuni dei nomi che hanno segnato la vita di tutti noi e la nostra esistenza, ma la lista è troppo lunga, purtroppo. Tutte voci libere. Tutti uccisi da un unico comune denominatore, sconfiggere la mafia e liberare il territorio e la gente da essa. Ma col tempo, abbiamo imparato che la camorra non dimentica niente, fa passare del tempo, aspetta e poi arriva il momento cruciale, proprio com’è accaduto la settimana scorsa a San Giovanni a Teduccio, dove un ex collaboratore di giustizia è stato raggiunto da diversi colpi di pistola. Era ritornato da poco nel suo paese d’origine e, non gli hanno lasciato via di scampo. Tante le persone che sono vittime di camorra, come il comandante Biagio Chiariello di Arzano e il prete di Caivano Don Maurizio Patriciello che, ormai, vive da due anni sotto scorta a seguito delle numerose intimidazioni ricevute.
Don Patriciello, ai camorristi le voci libere non piacciono come non piaceva quella di Giancarlo Siani e di Don Peppe Diana ma non solo. L’uccisione di Don Peppe Diana ci fa capire che la camorra non si ferma dinanzi a niente, neanche dinanzi a Dio
“Era una vecchia favola quella che la camorra rispettava le donne e i bambini, ma questo non è mai stato vero e, infatti, nel momento opportuno ha ucciso sia donne che bambini, pensiamo soltanto alla triste storia di Giuseppe di Matteo che dopo essere stato rapito a 13 anni, tenuto prigionieri per 799 giorni dove non parlerà con nessuno e poi verrà strangolato per opera di Giovanni Brusca e il suo corpicino sciolto nell’acido, altro che la favola: le mafie non toccano i bambini e le donne. Loro non hanno pietà per nessuno, neanche dei loro stessi figli e, soprattutto, non vogliono bene a nessuno. Una persona che vuole bene un figlio non lo prepara per il camposanto e il 41 bis”.
Lei è in prima linea a combattere con ciò che accade sul territorio di Caivano, com’è cambiata la sua vita?
“Dal giorno della scorta la mia vita è cambiata completamente. Due anni fa, proprio nel giorno del mio compleanno hanno fatto blindare una piccola bomba fuori al cancello della parrocchia e dopo qualche settimana mi è stata affidata la scorta. Ora vivo con due fratelli che mi accompagnano, a volte sono una benedizione altre volte sono anche un limite. Sono due anni che non faccio una passeggiata, io amavo molto passeggiare per le strade del mio paese recitando il rosario. La scorta ti cambia la vita, sì”.
Ha paura però nonostante tutto continua a voler bene al popolo e mettersi sempre dinanzi a tutto e tutti
“Io sono un prete. Sono entrato in seminario a 30 anni e prima ho lavorato in ospedale per 10 anni, sono un caporeparto e lavoravo a 100mt da casa e potevo restare lì. Ma il Signore ha voluto così e io sono credente molto. Ho seguito il messaggio d’amore che mi ha mandato il Vangelo”.
Tante sono anche le bombe esplose a Ponticelli, pensa in cuor suo che qualcosa possa cambiare un giorno?
“Certo che sì, Falcone diceva: che le mafie sono un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani nascono, crescono e muoiono. Forse usciranno mafie peggiori, no? Come per esempio l’intelligenza artificiale o le droghe degli zombi che vengono dall’America, il male si camuffa e cambia nome ma bisogna combatterlo”.
Tanti sono gli eventi che si sono svolti anche nei giorni scorsi, tra questi anche la presentazione di un libro. Stamattina invece, la giornata è iniziata con una messa alle 7.30 nella chiesa di San Nicola di Bari, quella messa che lui non ha mai svolto, proprio nella stessa chiesa dove venne ucciso. Alle 10, migliaia di studenti inizieranno a sfilare nel cuore della città partendo da Piazza Villa sino ad arrivare al cimitero di Casal di Principe, ove si terrà la manifestazione finale. Infine, ci sarà la lettura dei nomi delle vittime innocenti e a concludere la giornata sarà don Luigi Ciotti.
Oggi cade il trentesimo anniversario della morte di Don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe che fu assassinato dalla Camorra nella chiesa dove doveva celebrare messa: aveva osato svelare gli intrecci tra clan e politica.
Il suo coraggio nel denunciare la corruzione e la tirannia della Camorra resta un segno indelebile nel cuore di tutti noi e nella lotta per un mondo più giusto e più solidale.
La vita di Don Diana rappresenta la testimonianza del potere del coraggio e della ricerca instancabile del bene. Sebbene la sua voce sia stata spinta al silenzio, il suo messaggio risuona ancora forte: “Per amore del mio popolo non tacerò”. Che il suo spirito ci ispiri tutti, sempre, a continuare la lotta contro ogni forma di oppressione.
Lo scrive sui social il vicepresidente della Camera dei Deputati, Sergio Costa.