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Campania secondoa regione d’Italia per maggior numero di abbandoni scolastici

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NAPOLI – La Campania è la seconda regione in Italia con la Sardegna per numero di ragazzi che hanno lasciato precocemente la scuola (con un 18,1% su un tasso nazionale del 13,8%)[1] e ha una percentuale del 27,5% di minori in povertà relativa (su una media nazionale del 22,3%), in un’Italia in cui le famiglie con minori in povertà assoluta in dieci anni sono quintuplicate e che si trova a fare i conti con gli effetti della recessione sulla motivazione dei giovanissimi e con una popolazione sempre più vecchia, con oltre 165 anziani ogni 100 bambini (in Campania i picchi sono a Benevento e ad Avellino, rispettivamente con 178 e 168,9)[2]. In questo contesto, alunni e studenti spesso non trovano nella scuola risposte idonee alle sfide di oggi. A livello nazionale, per esempio, le strutture sono spesso inadeguate, con oltre 4 istituti su 10 (41,4%) che non sono dotati di laboratori a sufficienza.

A cinquanta anni dalla scomparsa di Don Lorenzo Milani, che ha lottato affinché la scuola offrisse pari opportunità ai suoi studenti indipendentemente dalla loro condizione economica, nel sistema scolastico nazionale le diseguaglianze sociali continuano a riflettersi sul rendimento degli alunni. Negli istituti con un indice socio-economico-culturale più basso, infatti, più di 1 quindicenne su 4 (il 27,4%) è ripetente, mentre negli istituti con indice alto la quota scende quasi a 1 su 23 (il 4,4%)[3]. Uno studente di quindici anni su 2 (il 47%) proveniente da un contesto svantaggiato, inoltre, non raggiunge il livello minimo di competenza in lettura, otto volte tanto rispetto a un coetaneo cresciuto in una famiglia agiata[4]. Tra i bambini e i ragazzi che vivono in condizioni di disagio è ancora elevato il rischio di dispersione scolastica: le scuole secondarie di secondo grado in Campania sono colpite da un tasso di abbandono del 5,06%, più basso solo di quello della Sardegna su un dato nazionale del 4,3% e dell’1,03% nelle scuole secondarie di primo grado, il secondo più alto dopo la Sicilia, su un dato nazionale dello 0,83% [5].

È da qui, dalla scuola, luogo dell’infanzia che dovrebbe superare le diseguaglianze, offrendo pari opportunità, coltivando l’istruzione, l’educazione all’affettività e alla socialità dei bambini per allontanarli dai fattori di rischio, che si snoda il viaggio dell’VIII Atlante dell’infanzia a rischio “Lettera alla scuola” di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, pubblicato da Treccani e presentato oggi in anteprima, in attesa dell’uscita nelle librerie il 23 novembre. L’Atlante quest’anno propone un percorso in sei capitoli attraverso la scuola italiana con l’obiettivo di osservare e ascoltare il nostro sistema scolastico dalla prospettiva degli studenti e, in particolare, di coloro che vivono ai margini rischiando, oggi come cinquant’anni fa, di venire espulsi (anche) dalla scuola. Il volume di 360 pagine è curato da Giulio Cederna, corredato dagli scatti di Riccardo Venturi, da circa cinquanta mappe e grafici e da una ventina di contributi originali scritti da insegnanti, presidi, educatori, esperti della scuola, come Domenico Starnone, Franco Lorenzoni, Fabio Geda, Giancarlo Cavinato, Andrea Gavosto, Giancarlo Cerini, Umberto Galimberti. Una versione multimediale e interattiva è disponibile online (www.atlante.savethechildren.it).

“La scuola è un luogo chiave nell’infanzia di ogni bambino: è qui che i talenti e le relazioni vengono sviluppati, è qui che sono gettate le basi del loro futuro” commenta Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children. “Oggi continuiamo a trovarci di fronte a una scuola che, a volte, alimenta le disparità: raccontare il sistema scolastico, il modo in cui esso riesca o non riesca a superarle, significa affrescare la condizione dell’infanzia in Italia. Save the Children lotta affinché sia riconosciuto il diritto di tutti i bambini a un’eguale istruzione, a prescindere dal contesto sociale e economico in cui vivono. Bisogna percorrere i corridoi, entrare nelle aule, dare voce a pedagogisti, docenti e studenti, facendo tesoro del buono e individuando cosa è migliorabile. Ogni bambino deve accedere alle stesse opportunità, ha il diritto di essere protagonista e di essere ascoltato”.

“A scuola i bambini si liberano dall’ignoranza, dai pericoli della strada, dalla povertà, dall’isolamento, talvolta dalla solitudine, spesso dalla fame e dalle malattie” afferma Massimo Bray, Direttore Generale della Treccani, che pubblica anche quest’anno l’Atlante dell’infanzia a rischio. “Ma è anche il luogo dove possono liberare la loro fantasia, il desiderio di conoscere, la voglia di capire, l’abitudine a stare insieme. Insomma è la strada più sicura per creare cittadini liberi e consapevoli. Un dato ormai consolidato, tanto che la percentuale del Pil destinato all’istruzione è uno dei principali indicatori della civiltà di un paese. L’avvento della società digitale ha determinato una delle più sconvolgenti rivoluzioni culturali e antropologiche della storia dell’umanità. Ciò impone anche alle società avanzate, come quella italiana, di adeguare rapidamente il proprio sistema formativo per rispondere con efficacia e tempestività alle nuove esigenze. Come testimonia la vittoria nel 2017 del premio Moebius per la nostra piattaforma on-line Treccani scuola, siamo pronti, senza dimenticare le antiche emergenze, ad affrontare le nuove sfide”.

Povertà, diseguaglianza sociale e rendimento scolastico

In Italia vivono 669.000 famiglie con minori in condizione di povertà assoluta[6] che, una volta sostenuti i costi per la casa e per la spesa alimentare, possono spendere solo 40 euro per la cultura e 7.60 per l’istruzione al mese. È un fenomeno che investe tutto il paese: i bambini in tale situazione – 1.292.000, il 14% in più in un anno – rappresentano il 12,5% del totale dei minori (si trovano nel 12% dei casi al Nord, nell’11,6% al Centro, nel 13,7% al Mezzogiorno)[7]. Il peggioramento della situazione economica ha colpito in modo ancora più profondo i minori in povertà relativa, che sono 1 su 5 in Italia, ossia il 22,3%[8] (con un incremento del +20,2%), ma che in Campania riguarda il 27,9% dei giovani fino ai 17 anni, più di 1 su 4. La forbice tra Nord e Sud, nel caso della povertà relativa, è ampia: nel Meridione il 32,6% dei bambini vive tale situazione contro il 16,1% del Nord.

Inoltre, sebbene negli ultimi decenni siano stati compiuti importanti passi in avanti nel contrasto alla dispersione scolastica, con una tendenza positiva che ha visto il tasso di abbandono abbassarsi progressivamente dal 2008 a oggi, il fenomeno della dispersione continua a rappresentare una delle principali sfide con cui la scuola italiana deve fare i conti, come mostrano i dati dell’anagrafe nazionale studenti del MIUR evidenziati nell’Atlante. Tali dati consentono di tracciare un identikit più preciso degli alunni a rischio: tra i ragazzi delle secondarie di II grado, possibilità superiori di abbandono sono registrate tra i maschi, in particolare tra coloro che vivono nelle regioni del Mezzogiorno, soprattutto in Campania e Sicilia[9] e tra quelli con i genitori di origine straniera.

Anche in questo caso il divario tra Nord e Sud è ampio: nel Settentrione i quindicenni in condizioni socio-economiche svantaggiate che non raggiungono le competenze minime nella lettura sono il 26,2%, cifra che sale al 44,2% nel Meridione[10]. È necessario, dunque, che sistema scolastico e interventi sociali rispondano in modo adeguato a contesti e bisogni diversi. In Campania l’incidenza di alunni respinti nella scuola secondaria di primo grado va dallo 0,63 % di Benevento al 4,09% di Napoli su una media nazionale del 2,8%[11], mentre i respinti alla scuola secondaria di secondo grado vanno dal 5,9% di Avellino all’11,4% di Napoli su una media nazionale del 9,1%, nei licei dal 3,1% di Benevento al 5,7% di Napoli su una media nazionale del 5,3%, e negli istituti tecnici dall’ 8,0% di Avellino al 16,1% di Caserta su una media nazionale dell’11,5%.

La crisi economica ha avuto un effetto negativo anche sulla motivazione degli studenti: la mancanza di lavoro e prospettive tra gli adulti di riferimento ha generato sfiducia in molti bambini e adolescenti, aumentando il rischio del fallimento formativo. In Italia meno di 1 un giovane laureato su 2 ha un lavoro (nell’Unione Europea il 71,4% di chi ha terminato l’università trova un’occupazione, in Italia appena il 44,2%, nel Mezzogiorno il 26,7%)[12]: non sorprende, dunque, che gli “scoraggiati” tra i 15 e i 34 anni, cioè disponibili a lavorare ma che hanno smesso di cercare un’occupazione, siano cresciuti del 43% in dieci anni, raggiungendo quota 420.000, di cui 340.000 si trovano nel Sud[13].

Disconnessi culturali e ultraconnessi

Con l’aggravarsi delle condizioni socio-economiche di molte famiglie, all’aumento delle povertà economiche sono corrisposte anche nuove povertà educative: tanti bambini, infatti, non hanno accesso ad attività culturali. Sei ragazzi su 10 (il 59,9%) tra i 6 e i 17 anni non arrivano a svolgere in un anno (3 su 4 in Campania, 75,5%, terza percentuale più alta dopo Calabria e Sicilia) quattro delle seguenti attività culturali: lettura di almeno un libro, sport continuativo, concerti, spettacoli teatrali, visite a monumenti e siti archeologici, visite a mostre e musei, accesso a internet[14].

Una scuola (non) a misura di bambino

Con solo il 4% del PIL nazionale speso nel settore dell’istruzione, contro una media europea superiore di quasi un punto percentuale (4,9%), non è facile per la scuola pubblica offrire una risposta adeguata alle problematiche che incontra[15]. Le poche risorse si traducono in strutture spesso poco o male attrezzate: il 41% delle scuole secondarie di primo grado, per esempio, lamenta una scarsa dotazione di laboratori e ambienti di apprendimento adatti a sperimentare nuove prassi didattiche, con 4 scuole su 10 che possono fare affidamento su meno di un laboratorio ogni 100 studenti[16] (che in Campania oscillano tra i 21,1% di Avellino e il 63,6% di Napoli). Solo il 17,4% degli istituti scolastici (1 scuola su 6), inoltre, è dotato di almeno una palestra in ogni sede (che in Campania diventa il 24,9% a Napoli, mentre nelle restanti 4 province scende sotto la media nazionale fino ad arrivare al 5,7% di Benevento)[17] e sebbene quasi tutte abbiano una biblioteca, quasi 3 su 4 danno la possibilità di effettuare un servizio prestito (esattamente il 72,5% a livello nazionale, che in Campania scende in tutte le province, oscillando tra il 70,3% di Avellino e il 53,8% di Benevento) ma meno di un terzo del patrimonio librario risulta fruibile (in Campania tutte le province scendono sotto la media nazionale del 31,1%, fino ad arrivare al 12,9% di Benevento)[18]. Appare evidente il divario tra Nord e Sud: se in Settentrione 2 biblioteche su 3 sono dotate di almeno 3.000 volumi, in Meridione lo è solo 1 su 3 (39%), ancora meno nelle isole (32%).

Denatalità e altre sfide

Tra i fenomeni che condizionano la scuola di oggi, accanto alle povertà socio-economiche, c’è la denatalità: in cinquanta anni gli under 15 sono passati da 12 a 8 milioni, perdendo circa un terzo della popolazione in età della scuola dell’obbligo: l’Italia conta 165 anziani ogni 100 bambini sotto i 14, con un numero di over 65 che doppia quello dei giovanissimi in diverse province (in Campania sono 178 a Benevento e 168,9 ad Avellino)[19].

Nonostante il numero totale di alunni diminuisca, aumenta invece quello dei bambini di origine straniera, che rappresentano il 9,2% (in Campania oscillano tra l’1,7% di Napoli e il 3,2% di Caserta)[20]; tra coloro che non hanno la cittadinanza italiana il 58,7% è nato in Italia (in Campania si va dal 28,7% di Benevento al 38,2% di Caserta)[21]. Di fronte alla sfida dell’inclusione, tuttavia, solo nel 2,2% delle scuole del primo ciclo gli insegnanti ricevono formazione specifica (in Campania sono 1,8% a Caserta, 0,7% a Salerno e 0,6% a Napoli)[22]; un passo avanti è stato fatto con il Piano di formazione dei docenti 2016-2019, che ha recepito le indicazioni del IV Piano nazionale infanzia su questo tema.

“Lezioni” e buone pratiche

Sarebbe sbagliato, tuttavia, ritenere che il sistema scolastico nazionale sia rappresentato solo da timori, limiti e sfide: esiste una scuola fatta di innovazione, dedizione, emozioni positive che è ben raccontata all’interno dell’Atlante.

“Vi sono scuole che hanno svolto e svolgono un ruolo anticipatore, di avamposto, con un artigianato intelligente, un pensiero pratico. Accanto a tante eccellenze, nelle scuole italiane si incontrano tuttavia situazioni inaccettabili, di analfabetismo didattico, precarietà organizzativa, carenze strutturali, deserti relazionali, vere e proprie discriminazioni e ingiustizie che fanno pagare un prezzo enorme ai bambini più svantaggiati. Basti considerare quel 27,9% di minori che in Campania sono in condizioni di povertà relativa” afferma Raffaela Milano, Direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children. “Per riformare davvero l’istituzione scolastica si potrebbe cominciare investendo nella trasformazione delle zone più a rischio in comunità educanti, che nel concreto significa non lasciare da sola la scuola a combattere la povertà educativa per far sì che il numero di coloro che la lasciano in modo prematuro, il 18,1% nella regione, il secondo dato più alto in Italia, si abbassi fino a essere nullo. Con la costruzione di comunità educanti dove oggi regnano il degrado urbano e la criminalità si va a lavorare in frontiera: quella che segna l’orizzonte del nostro Paese e della nostra democrazia.” conclude Raffaela Milano.

Cambiamo (insieme) la scuola: Fuoriclasse in Movimento

Per rispondere a una delle sfide principali, quella del contrasto alla dispersione scolastica, Save the Children presenta oggi Fuoriclasse in Movimento, iniziativa nata dallo sforzo congiunto dell’Organizzazione e dei docenti delle scuole di primo e secondo grado, che mette in rete 150 istituti in tutta Italia, raggiungendo in modo diretto 20.000 minori e coinvolgendo attivamente circa 2000 insegnanti e 1000 genitori (a Napoli sono coinvolte 14 scuole con circa 1400 studenti, 200 docenti e 150 genitori). L’obiettivo è cambiare le politiche scolastiche, partendo dal dialogo tra docenti, studenti e famiglie: strumento centrale in questo percorso sono i Consigli fuoriclasse, tavoli di confronto per definire insieme soluzioni e azioni di cambiamento nel campo della didattica, delle relazioni, della riqualificazione degli spazi scolastici in seguito all’analisi dei problemi e delle esigenze del singolo istituto e del territorio. La formazione ai docenti, i percorsi per i genitori e i laboratori con le classi sono tra le altre attività proposte. Fuoriclasse in Movimento nasce come sviluppo a livello nazionale del programma Fuoriclasse, modello di intervento per il contrasto alla dispersione scolastica pensato in una logica preventiva con l’obiettivo di intervenire sulle cause del fenomeno. Il programma, soggetto a valutazione di impatto, ha raggiunto nel primo biennio i seguenti risultati: nelle scuole secondarie aderenti, il numero di assenze medio è stato dimezzato, passando da 12 a 6; i ritardatari cronici sono stati ridotti dell’8,6%; il 5% degli studenti ha migliorato il rendimento in 2 materie fondamentali; le famiglie disinteressate all’andamento scolastico dei figli sono diminuite dell’8,1%. Risultati positivi registrati anche nelle primarie. Il coinvolgimento delle scuole avviene su due livelli: uno integrato in cui gli istituti sono supportati da Save the Children sia nella realizzazione dei Consigli fuoriclasse che nella formazione di docenti e genitori. L’altro, dove gli istituti interessati costituiscono un polo formativo interscolastico (composto da almeno 3 scuole), che permette l’attivazione in loco di percorsi di formazione per insegnanti. La scelta del livello di coinvolgimento viene fatta a partire dall’analisi dei bisogni del territorio, valutando il contesto in cui è inserita la scuola, i dati sui divari nei livelli di apprendimento e il tasso di dispersione scolastica regionale. Sul portale online che racconta Fuoriclasse in Movimento(www.fuoriclasseinmovimento.it) il manifesto e i criteri di adesione, ma anche le mappe e i dati che consentono di seguire l’iniziativa.

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