Appalti-pubblici

NAPOLI – “Il settore ha un gran bisogno di regole chiare, semplici e al tempo stesso in grado di riportare tutte le sue dinamiche in una dimensione di legalità, per contrastare fenomeni degenerativi che nel corso degli anni hanno reso l’edilizia una vera e propria gruviera, terreno franco per le incursioni della criminalità organizzata e di una imprenditoria senza scrupoli che, con le violazioni contrattuali e la “cresta” sui salari dei lavoratori, ha scaricato sulla qualità del lavoro l’intera crisi”.

Non è un giudizio esclusivamente negativo quello che il sindacato dell’edilizia della Campania esprime sul nuovo codice degli appalti approvato recentemente, dopo il recepimento delle Direttive Comunitarie. Con l’ultima ratifica, il  Consiglio dei Ministri ha dato il via al provvedimento che entro il prossimo 18 aprile diventerà finalmente Legge.Per i segretari delle sigle sindacali dell’edilizia in Regione, Andrea Lanzetta (Feneal Uil), Giovanni D’Ambrosio (Filca Cisl) e Giovanni Sannino (Fillea Cgil) “la Legge, almeno nelle intenzioni, potrebbe invertire la tendenza alla deregulation fin qui applicata dai vari governi che si sono succeduti”.”Stop al massimo ribasso come criterio esclusivo per l’affidamento dei lavori, l’ausilio dell’ANAC per la revisione delle attestazioni SOA con criteri reputazionali e con controlli preventivi, il rating di legalità, il debact public sulle grandi opere e la possibilità di ridurre le stazioni appaltanti: sono solo alcuni dei punti sui quali il Sindacato di categoria intende rilanciare la propria azione in una Regione come la Campania dove la crisi del settore è stata pesante sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo – ricordano i segretari-. Meno 75 mila addetti, con una perdita di ricchezza non prodotta tra i 250 e i 300 milioni di euro, sono numeri che rappresentano un settore completamente devastato”“Vero anche che in Campania siamo di fronte ad una leggera ripresa, che va sostenuta con investimenti pubblici e avvio delle opere cantierabili” precisano gli esponenti sindacali.I dati registrati lo scorso anno ci dicono che gli addetti sono aumentati dell’11,24%, da 53.500 a 59.700, la massa salariale del 21,90% da 360.500.000 a 400.700.000.Il dato che però resta preoccupante riguarda le ore dichiarate che scendono da 721 a 672 su base annua, e il salario medio in ribasso, da 6750 a 6740 euro. Si tratta di una media mensile di ore dichiarate dalle imprese di appena 61 ore a fronte di 168 contrattualmente lavorabili.I numeri dimostrano che si è ancora lontani da una assunzione di responsabilità da parte delle imprese che pensano di competere ancora sulla compressione dei salari e dei diritti, sull’evasione e sull’elusione.“La cosa che però desta preoccupazione – spiegano i  segretari – è l’intenzione prevista dalle nuove norme sugli appalti, di eliminare il limite del 30% per il ricorso al subappalto. Misura in netta controtendenza con le ‘buone intenzioni’ declamate. Ciò aumenterebbe la frammentazione, dequalificherebbe il settore con serie conseguenze sulla sicurezza e sui diritti”.“Non abbiamo ravvisato nelle prime valutazioni del Presidente dei costruttori napoletani, Dott. Tuccillo – sottolineano i tre segretari –  le stesse preoccupazioni. Anzi, ci sono apparse molto più riferite alla necessità di lasciare mano libera alle imprese per quanto riguarda le riserve in corso d’opera e l’innalzamento della soglia per l’offerta economicamente più vantaggiosa”.“Le nostre intenzioni restano quelle di poter cogliere, nella fase di rinnovo della contrattazione integrativa territoriale, l’opportunità di definire un quadro di reciproca condivisione per un’azione di rilancio del settore, che punti sulla quantità ma soprattutto sulla qualità”, concludono i segretari.

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