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NAPOLI – “Il Comune di Napoli tolga catena e catenaccio e restituisca arredo funebre e foto all’ex proprietario”. Questa, in sintesi, la pronuncia della IV Sezione del Tribunale Civile di Napoli che ha accolto ieri il ricorso di una ex proprietaria di una cappella funeraria tra quelle acquisite al patrimonio dal Comune di Napoli in funzione di una sentenza del Consiglio di Stato.

La vicenda è ormai nota: i 90 manufatti in questione del Cimitero di Poggioreale sono stati al centro di un caso di compravendita illegale. La Giustizia ha fatto e sta facendo tuttora il suo corso, nel frattempo però il Comune di Napoli ha preso possesso di queste cappelle acquisendole al patrimonio – nonostante i proprietari non siano coinvolti in alcun procedimento penale e a tutti gli effetti si ritengono anch’essi vittime di questo raggiro.

Non solo, ma il Comune ha di fatto inibito l’accesso alle cappelle creando una situazione paradossale. Spoglie dei defunti chiuse a chiave con lucchetti e catenacci, arredi sacri rimossi, in pratica negata la libertà di culto dei morti.

“La sentenza del Tribunale Civile – spiegano i membri del comitato ‘Tutela del sepolcro gentilizio’ formato proprio dagli ex proprietari di quei manufatti – conferma quello che stiamo dichiarando da tempo. Quello del Comune di Napoli è stato un atto di inaudita prepotenza che non ha tenuto conto di nessuna delle nostre istanze. Noi abbiamo acquistato regolarmente quelle cappelle, con atto notarile regolarmente registrato e vidimato proprio dalla stessa amministrazione cittadina che, di contro, non ha mai vegliato affinché dietro queste documentazioni potessero nascondersi traffici poco chiari. La conclusione è che non solo ci sentiamo parte lesa, ma ci siamo visti privati del diritto di piangere i nostri cari, chiusi a chiave in cappelle che ci erano state tolte. Non siamo criminali ma siamo stati trattati anche peggio”.

“Che l’azione messa in campo dal Comune – continuano gli esponenti del comitato – sia stata violenta e discutibile lo hanno compreso tutti, inclusi trasversalmente i consiglieri comunali, da Santoro e Moretto a Sgambati. Insomma al tavolo, nonostante le tante voci contro l’abominio dei catenacci, abbiamo registrato la completa e totale sordità dei dirigenti preposti e dell’Assessorato competente in materia. Ora vediamo come questa Amministrazione farà orecchie da mercante davanti a questa pronuncia. Noi dal nostro canto chiediamo che a questa vergogna venga finalmente posto un punto e che nelle prossime ore i catenacci siano rimossi e venga restituita a noi tutti la possibilità di abbracciare i nostri cari”.

“Il Giudice – spiega l’avvocato Giovanni Rubinacci, che cura gli interessi dei membri del comitato – ha condannato il Comune anche al pagamento delle spese processuali, di 2.500 euro. Sono pronti altri 90 ricorsi: se in tutti i 90 ricorsi dovesse registrarsi la stessa condanna, l’aggravio sulle finanze comunali già provate dal dissesto finanziario sarebbe pesante. Se il Comune fosse stato più saggio e diligente avrebbe operato in maniera saggia, a tutela della collettività; invece, sta facendo il suo stesso danno”.

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