NAPOLI (Di Anna Calì) – A partire dal 18 luglio e fino al 14 settembre, il Pronto Soccorso dell’ospedale Pineta Grande di Castel Volturno chiuderà i battenti. Due mesi. Sessant’anni in termini di civiltà. Sessanta giorni in cui decine di migliaia di cittadini, tra residenti, migranti, turisti e pendolari, saranno lasciati alla mercé del nulla. È l’ennesima pugnalata alla gente del sud. Perché se ti viene un infarto a Castel Volturno d’estate, la distanza tra la vita e la morte è una strada statale piena di traffico che porta a Giugliano o Fuorigrotta.
Pasquale Marrandino, primo cittadino di Castel Volturno ieri era a Roma in Senato per difendere la sua comunità: “Questa mattina ho avuto l’onore di essere ricevuto in Senato dal Senatore Silvestro e dal Dott. Antonio Giordano, oncologo e scienziato di fama internazionale, da sempre vicino alle problematiche ambientali della nostra terra. Ho portato all’attenzione due questioni che toccano profondamente la nostra comunità: L’emergenza della Terra dei Fuochi, una ferita ancora aperta che continua a portare ancore morte e dolore nelle nostre case. La possibile chiusura del Pronto Soccorso e non solo dell’“Pineta Grande Hospital”, un presidio sanitario fondamentale che non possiamo permetterci di perdere. Ringrazio il Senatore Silvestro e il Dott. Giordano per l’ascolto attento e per essersi impegnati a seguire queste criticità in prima persona. La nostra voce è arrivata dove deve essere ascoltata. Come sindaco, sento il dovere di rappresentare e difendere ogni giorno la salute, la sicurezza e la dignità del nostro territorio. Continuerò a farlo con determinazione, insieme a tutti voi”.
Una decisione scellerata, figlia di un sistema che ha fatto della sanità l’agnello sacrificale delle sue mancanze. La motivazione ufficiale? Crisi economica e bilanci da far quadrare. Ma la domanda vera è: perché è sempre la sanità a dover pagare? Perché, quando si tratta di tagliare, si parte sempre dai pronto soccorso, dai reparti, dai medici, dai pazienti? È una questione di numeri o, più semplicemente, di priorità?
Pineta Grande non è un ospedale qualunque. È l’unico punto di riferimento sanitario in un’area a fortissimo rischio sociale, ambientale ed epidemiologico. Serve non solo Castel Volturno, ma un’intera fascia costiera martoriata: Mondragone, Villa Literno, Cancello ed Arnone, fino a Licola e Varcaturo, arrivando persino al basso Lazio. Parliamo di un bacino di utenza sterminato, che d’estate raddoppia con l’arrivo dei turisti e dei vacanzieri.
Eppure, proprio in quel periodo, il pronto soccorso verrà chiuso. Come se chiudere le porte dell’ospedale nella stagione più affollata fosse una scelta logica, sensata e umana. Chi sta male dovrà mettersi in macchina, attraversare mezza provincia e sperare che ci sia posto e personale altrove. Giugliano, Fuorigrotta e l’ospedale Maria Delle Grazie di Pozzuoli, sperando che i tre ospedali indicati come alternative, non vadano al collasso; perché lo sappiamo bene che qui basta un nulla per decretare lo stato d’emergenza nei presidi ospedalieri.
E non è tutto. Perché se allarghiamo il quadro, scopriamo che anche a Pianura, quartiere densamente popolato di Napoli, il pronto soccorso è stato chiuso da anni. Un territorio che da solo conta più di 60mila abitanti, abbandonato a se stesso. Anche qui la stessa dinamica: pazienti smistati a Fuorigrotta, dove le barelle si accumulano nei corridoi sintomo di un sistema che non funziona e che da tempo ormai non si trova nessuna cura. Nessuno parla mai di Pianura, nessuno si scandalizza. E intanto la sanità crolla, pezzo dopo pezzo.
I vertici della struttura parlano di un’interruzione temporanea, o meglio di un periodo transitorio per risolvere i problemi economici. Ma quanto costa una vita?
I conti, a quanto pare, si fanno solo quando conviene. Non si trovano fondi per i medici, ma si finanziano eventi, concerti, festival. Non si assumono infermieri, ma si moltiplicano le consulenze e le spese per la comunicazione istituzionale. E tutto questo mentre le persone muoiono in attesa, nel silenzio assordante di una politica che ha perso il senso del limite.
È ora di dirlo chiaramente: la sanità pubblica non può essere trattata come un’azienda in perdita. La sanità è un diritto costituzionale, non una voce da tagliare nei bilanci. Chiudere un pronto soccorso non è una manovra tecnica, è un atto politico. È una scelta precisa che ha conseguenze concrete: meno cure, più morti.
Chiudere il pronto soccorso di Pineta Grande in piena estate, in un’area già fragile, è da irresponsabili.
















