NAPOLI (Di Anna Calì) – C’è un limite tra arte e oltraggio. E quel limite, in via Duomo, è stato superato. Con l’installazione dell’artista francese JR sulla facciata del Duomo di Napoli, la città si è svegliata con un murale interattivo che definire “opera” suona come un insulto alla bellezza e alla storia.
Una gigantografia composta da 606 volti, tra cui quello del sindaco e di alcuni cittadini. Fin qui, qualcuno potrebbe anche tentare di difenderla come partecipazione collettiva, come espressione popolare. Ma a guardare bene, tra quei volti spicca, e grida allo scandalo, la fotografia di una donna su un motorino con quattro bambini senza casco. E ci si risiamo.
Un cliché grottesco, una rappresentazione degradante di Napoli che alimenta e rafforza proprio quegli stereotipi dai quali cerchiamo, da anni, di liberarci.
E invece no. Ci viene imposto come arte proprio sul monumento simbolo della città. Il Duomo. Non una parete qualunque. Non un muro abbandonato di periferia. Ma il cuore spirituale, artistico e culturale di Napoli.
«Vorrei vedere se a un napoletano in Francia avrebbero permesso di rovinare la cattedrale di Notre-Dame», ha tuonato la consigliera regionale Maria Muscarà.
La quale prosegue: “Io credo che al comune di Napoli abbiano scoperto che con la cultura si mangia e si mangia tanto. Io non so quanto è costata quest’altra provocazione, perché così queste cose che vengono ben foraggiate, come abbiamo visto con la Venere degli stracci, valutata dal comune di Napoli un milione di euro, finta donata, invece pagata più di 250 mila euro, che adesso sta buttata dentro ad un deposito nella via dei cimiteri.
Questa che stata fatta sul Duomo è l’ultima provocazione veramente indecente. Non abbiamo bisogno che arrivi un francese ad esporre quello che non è la nostra cultura. Mi meraviglio come il Vescovo abbia dato il permesso di fare una cosa del genere e oltraggiare il Duomo che è già un monumento di per sé, con questa pseudo arte. Non so quanto è costata, ma perché per tutto il resto c’è sempre la risposta: non ci sono soldi? Per questa pseudo arte, a Napoli in una città che di arte non ha bisogno, ci sono sempre dei fondi. Io spero, ma non ci conto molto, che la prossima visita a Napoli dell’Unesco finalmente registri un minimo di reazioni rispetto a come era la città e a come si sta trasformando”.
E come darle torto? È impensabile che altrove si possa anche solo immaginare di trasformare una cattedrale storica in un manifesto di marketing pseudo-culturale.
Ma qui, a Napoli, sì. Qui va tutto bene. Anche spendere 300.000 euro per quest’opera che di artistico ha ben poco. Una cifra che fa ancora più rabbia se si pensa alle mille emergenze che affliggono la città: strade dissestate, quartieri abbandonati, servizi pubblici al collasso e non solo.
Quanto ossigeno avrebbe dato quella somma a un asilo di periferia? Quante borse di studio si sarebbero potute finanziare? Quante famiglie avrebbero potuto ricevere un sostegno concreto?
Il progetto è stato realizzato a partire da settembre 2024, con set installati in varie zone di Napoli per scattare le foto che oggi campeggiano sulla facciata del Duomo. Il costo complessivo, finanziato da Comune, sponsor privati e una campagna di crowdfunding, ammonta – secondo fonti ufficiali – a circa 300.000 euro. Il tutto sarà presentato il 21 maggio con grande enfasi, come se si trattasse di un dono alla città. Ma il “regalo” è velenoso.
Questa non è arte. È sfregio. È mancanza di rispetto. È un atto che mortifica l’identità di Napoli, riducendola a folklore e cartolina deformata, come se fossimo ancora fermi a una visione caricaturale degna di un film degli anni ’50.
Napoli non ha bisogno di specchiarsi in immagini distorte. Napoli ha bisogno di rinascere nel rispetto delle sue radici e della sua dignità. E il Duomo non è una bacheca pubblicitaria. È un luogo sacro, è un pezzo di anima collettiva. Nessuna installazione interattiva può arrogarsi il diritto di violarla.
Basta con il colonialismo culturale travestito da arte. Basta con l’autocompiacimento di chi accetta tutto pur di sentirsi internazionale. L’identità di una città non si costruisce esponendo volti casuali su un luogo sacro. Si costruisce proteggendo la sua storia, la sua bellezza e la sua gente.
E su questo, Napoli non può più restare in silenzio.
Anche la giornalista Luciana Esposito tuona contro questa iniziativa scrivendo questo post sui suoi canali social: “Questo post lo scrivo a nome di mio padre che non c’è più, maestro artigiano di San Gregorio Armeno, che ha ereditato dal padre e dal nonno l’amore per la tradizione, la cultura, l’arte e la storia di questa città.
Mio padre amava visceralmente Napoli. Conosceva la sua storia e la raccontava con amore ed orgoglio. Sua madre, mia nonna, era una delle anziane che rivolgeva a San Gennaro le preghiere tradizionali per convincerlo, alla napoletana maniera, a concedere il miracolo della liquefazione del sangue.
Per i napoletani come mio padre e mia nonna, il Duomo di Napoli non è semplicemente un luogo di culto, ma un simbolo sacro, espressione di quei valori e di quella tradizione che meritano rispetto. E i veri napoletani glielo hanno sempre riconosciuto.
Solo un non napoletano poteva sentirsi in diritto di profanare il luogo più sacro e intoccabile, finanche per i profani. Per la prima volta in vita mia, sono felice che mio padre non ci sia più, perché non ha potuto vedere questo scempio che umilia e denigra la tradizione e la napoletanità che ha servito e omaggiato per tutta la sua vita.
Un napoletano vero e innamorato di Napoli non l’avrebbe permesso. Mai.”