NAPOLI (Di Anna Calì) – Una scena apocalittica: il pullman della SSC Napoli avvolto dalle fiamme, pompieri in azione, una scritta agghiacciante — “Morto Antonio Conte con tre napoletani” — campeggia come un necrologio orchestrato con cinismo. Poi, l’immagine dello stadio Diego Armando Maradona devastato, gradinate crollate, macerie ovunque. Sono queste le immagini che stanno facendo il giro del web questa mattina. A Napoli si dice: “Amm rat a pazziella man e criature”, in effetti… come poter dargli torto?
Tutto falso. Tutto creato con l’intelligenza artificiale.
Ma il problema non è l’AI. Il problema è l’anima marcia di chi la manovra.
Nel 2025, dovremmo usare la tecnologia per poter prevenire disastri e anche curare le malattie; per esempio: grazie a un progetto sperimentale si è reso noto che l’AI può prevenire il cancro al seno e, questo è possibile proprio grazie a una diagnosi più accurata che andrà a ridurre gli errori di interpretazione delle mammografie e migliorerà quindi la sopravvivenza delle paziente. È questo che fa la tecnologia: uno strumento al servizio dell’umanità e non dell’odio.
E, invece ancora una volta c’è chi utilizza questo mezzo per spargere ancor di più del fango e colpire nuovamente la città di Napoli.
La città partenopea è bersaglio da sempre: stereotipi, razzismo strisciante, criminalizzazione sistematica. Cambiano le epoche, cambiano i mezzi, ma la melma resta. Quelle che odiano Napoli non per quello che è, ma per ciò che rappresenta: una città viva, passionale, inaffondabile nonostante tutto.
L’intelligenza artificiale, di per sé, è uno strumento. Neutro. Può salvare vite o distruggere reputazioni. Può riscrivere il futuro o falsificare il presente. Dipende da chi la usa. E oggi, più che mai, serve una presa di coscienza collettiva: la responsabilità non è del mezzo, ma dell’essere umano che lo impugna.
Queste immagini non sono semplici fotomontaggi. Sono atti di guerra culturale. Sono propaganda. Sono tentativi di manipolazione dell’opinione pubblica. Non si tratta solo di screditare una squadra di calcio o una tifoseria, ma di colpire un’identità. Di delegittimare un intero popolo.
E allora viene da chiedersi: perché? Perché nel 2025 ci sono ancora individui ossessionati dal vedere Napoli a fuoco, sotto le macerie, annientata? La risposta è inquietante quanto semplice: perché Napoli è viva. Perché Napoli resiste. E a molti questo dà fastidio.
La soluzione non è demonizzare l’AI. Ma regolarla. Educare all’uso etico. E soprattutto, individuare e sanzionare chi la sfrutta per diffondere fake news, fomentare odio, destabilizzare.
Servono leggi, certo. Ma serve anche una presa di posizione culturale. Da parte della politica, della stampa, delle piattaforme digitali. E soprattutto dei cittadini. Perché se oggi è Napoli il bersaglio, domani potrebbe esserlo chiunque.
Non è l’algoritmo che odia. È l’uomo che lo istruisce.
Napoli non ha bisogno di essere difesa. Napoli va capita. Rispettata. E protetta da chi, ieri come oggi, non riesce ad accettarne la bellezza indomabile.