NAPOLI – Sabato 18 e domenica 19 dicembre a Galleria Toledo Teatro d’Innovazione va in scena RICCARDO III drammaturgia e regia Laura Angiulli con Giovanni Battaglia, Alessandra D’Elia e Luciano Dell’Aglio.
Prosegue anche quest’anno il lavoro di riscrittura di William Shakespeare di Laura Angiulli, la Signora di Galleria Toledo alla quale Paolo Sorrentino ha reso omaggio nel film “E’ stata la mano di Dio” dedicando ampio spazio al teatro d’avanguardia di via Concezione a Montecalvario che quest’anno compie 30 anni di attività.

Le note di regia della Angiulli si aprono con una citazione di Jan Kott, attivista politico polacco, critico e teorico del teatro. La storia feudale è una grande scala – dice Kott – sulla quale sfila ininterrottamente il corteo regale. Ogni scalino, ogni passo verso l’alto è contrassegnato dal delitto, dall’inganno, dal tradimento. Ogni gradino, ogni passo verso l’alto avvicina al trono o lo consolida…
Ed infatti il Riccardo, che ci restituisce Laura Angiulli è quasi giullare di sé stesso. In continuo gioco con la deformità che ne irrigidisce gli atti (“ma è deformità fisica, o non piuttosto specchio di una più profonda distorsione interiore?” si chiede la drammaturga e regista), Riccardo fa suoi efficaci espedienti rappresentativi che ne esaltano la propensione alla violenza e al delitto. Nessun imbarazzo, nel ruolo di malefico fool.
Dichiara di volersi vendicare, della natura che l’ha reso «privo di ogni bella proporzione», e fin dalle prime battute rende manifesti, in sconcertante sincerità, i propositi peggiori (eliminerà il fratello Clarence; attenderà con torva speranza la morte dell’altro fratello, Re Edoardo; al fine di mandare in porto progetti inconfessabili sposerà Anna, moglie e nuora di antagonisti assassinati per sua mano…).
È evidente che la concezione di “potere soggiogato all’azione sanguinosa” trova in Riccardo un radicamento che annulla l’idea stessa di etica, con conseguente condiscendenza all’orrore del gesto: il valore della vita si disperde, schiacciato nella costante di un reiterato gioco al massacro.
Buckingham: s’ipotizza che l’indubbia spregiudicatezza del personaggio discenda da meditate speculazioni intorno ai concetti di Stato e tenuta del potere, mutuate da certe dottrine politiche, la cui gran parte prendono forma nel De principatibus di Niccolò Machiavelli: con l’evolversi della vicenda, i comportamenti che ne definiscono l’immagine e il carattere rendono esplicito il riferimento a un’idea di governo sostanzialmente laica, spregiudicata, scevra da riguardo per l’etica convenzionale e per quanto ad essa si connette, che pone lo Stato e la sua solidità strutturale al centro del percorso politico. In questa ottica il delitto, là dove lo ‘statista’ Buckingham giudica indispensabile condividerlo nei suoi fini ultimi, non si configura come esercizio di disinvolta ‘macelleria’, ma come scelta funzionale al bene comune. Se ne può dedurre che – nell’ottica di Buckingham – l’eventuale governo di Riccardo, figura matura per anni e esperienze – offra, alla conduzione del regno d’Inghilterra, garanzie di stabilità ben più consistenti rispetto a quelle che ci si potrebbe attendere dall’insediamento del giovanissimo Edward.
I personaggi femminili, tutti interpretati da Alessandra D’Elia sono anch’esse vittime di una storia che concretizza nell’assassinio il suo farsi. Non sanno sottrarsi al fascino del ruolo regale; al fine di raggiungere quello status, cui rivolgono insensate aspettative, finiscono per mettere in gioco se stesse e il proprio destino, attratte come sono nelle trame di un successo tanto perverso quanto rovinoso.
Su tutte si eleva Margherita, figura possente, depositaria maestosa dell’idea di regalità. Piagata, lacerata, mai asservita brandisce come arma la furia dolorosa che la agita; eppure tra le invettive, (singolare saggio di complicità fra donne) sa trovare parole di perdono e comprensione per le sue nemiche, alle quali si sente unita dal comune strazio per la maternità umiliata.

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