SANT’ARPINO (CE) – «La Maschera dall’Atellana alla Commedia dell’Arte attraverso le creazioni di Pierangelo e Robin Summa». È il titolo della mostra di maschere in cuoio che si inaugura a Sant’Arpino domenica prossima 24 settembre ‘23, alle 11, presso la Pinacoteca di Arte Contemporanea “Massimo Stanzione” situata al secondo piano del maestoso Palazzo Ducale “Sanchez de Luna”.
L’iniziativa si colloca all’interno della XXIII edizione della Rassegna Nazionale di Teatro Scuola PulciNellaMente (dedicata proprio alla memoria di Pierangelo Summa) ed è promossa in sinergia con la Pro Loco di Sant’Arpino e si avvale del patrocinio del Comune di Sant’Arpino.
Il vernissage della mostra, che peraltro ospita anche maschere e calchi di Giuseppe Antonello Leone e Bruno Leone e le foto di Charles Plumey-Faye, sarà preceduto dal dibattito su «Maccus, Pulcinella e le maschere della Commedia dell’arte».
Dopo i saluti istituzionali del sindaco Ernesto Di Mattia, dell’assessore alla Cultura Giovanni Maisto, e del presidente della Pro Loco Aldo Pezzella, al dibattito – coordinato dal direttore di PulciNellaMente, Elpidio Iorio – partecipano lo scultore e mascheraio Robin Summa, autore del libro «La maschera è libertà, storia di un’insurrezione teatrale»; Giuseppe Dell’Aversana, presidente onorario della Pro Loco; Gianni Aversano, attore e musicista; Roberta Sandias, autrice teatrale e responsabile del Centro Studi sulla Tradizione della Maschera Teatrale in Campania; Gianpaolo Coronas, direttore artistico della Pinacoteca di Arte Contemporanea “Stanzione”.
Alla mattinata saranno presenti anche la moglie di Pierangelo Summa, Mirella, e la figlia Sara, apprezzata regista cinematografica che vive tra la Francia e la Germania e lavora tra l’America e l’Europa.
Due, in particolare, le ragioni che hanno ispirato l’ideazione di questo evento. La prima: Sant’Arpino vanta una discendenza diretta dall’antica Atella famosa per aver dato i natali al teatro italico con le Fabulae Atellanae: brevi ed improvvisate azioni sceniche di natura comico – satirica caratterizzate dall’utilizzo per la prima volta di maschere prestabilite. La maschera più celebre è quella del Maccus, da cui – secondo gli studiosi – trae origine la figura del Pulcinella.
L’altra ragione è quella di celebrare il genio e la memoria di Pierangelo Summa Summa che è stato senza dubbio uno dei capofila del movimento teatrale italiano degli anni ’70. Lui e la sua famiglia facevano parte di varie compagnie di burattini per il teatro. In seguito, si è occupato di maschere di teatro collaborando con registi, storici e intellettuali degli anni ’70 tra l’Italia e la Francia. Tra loro anche il grande Dario Fo.
Per oltre 40 anni si è dedicato allo studio delle maschere e alla loro produzione, affiancando questa attività alla regia di spettacoli teatrali e televisivi. Il suo atelier di Montreuil, nei sobborghi di Parigi, è stato uno spazio di incontro e riferimento per molti giovani e compagnie teatrali. Un’intensa attività teatrale proseguita fino alla sua morte avvenuta nel 2015.
Il figlio Robin, dopo la laurea in filosofia alla Sorbona e una esperienza di insegnamento, nel 2020, poco più che venticinquenne, decide di trasferirsi da Parigi a Napoli portando con sé i calchi fatti dal padre. Nel centro storico, a pochi metri dalla Chiesa Santa Chiara e da Spaccanapoli, apre la bottega “La maschera è libertà” per seguire le orme del padre che gli aveva insegnato, prima di morire, l’arte di creare, scolpire e fabbricare maschere per il teatro e lo spettacolo dal vivo. Nella sua bottega napoletana tra calchi in gesso e in legno, utensili, resine e pezzi di cuoio, Robin trascorre molto del suo tempo a reinventare se stesso e le maschere per una nuova Commedia dell’arte. Robin Summa è anche un bravo attore ed ha pubblicato due libri che riportano una raccolta di scritti e conferenze sulle origini della Commedia dell’Arte e dei suoi protagonisti tenute dal padre.
“La maschera – precisa Robin Summa – deve essere concepita non solo come un oggetto d’arte, ma anche, e soprattutto, come un oggetto popolare e vivo, spesso sovversivo, che contiene una storia, e si nutre anche del rapporto che l’attore intrattiene con essa, e con “l’altro”, il pubblico – e in modo più generale, con la società”.