NAPOLI (Di Anna Calì) – Napoli, città di grandi contrasti e vivide passioni, è stata la culla di una delle figure più emblematiche e innovative del giornalismo italiano: Matilde Serao. La Serao ha lasciato un’impronta indelebile non solo nel mondo letterario, ma soprattutto nel giornalismo napoletano. La sua carriera si è sviluppata in un’epoca in cui il giornalismo, e ancor più quello femminile, affrontava limiti significativi, ma la sua penna riuscì a infrangere convenzioni e pregiudizi.
È stata una delle fondatrici de “Il Mattino”, quotidiano che ancora oggi rappresenta un pilastro dell’informazione napoletana. Nel 1892, insieme al marito Edoardo Scarfoglio, diede vita a questo giornale che, grazie alla sua visione e alla sua straordinaria capacità narrativa, divenne subito una voce autorevole della stampa italiana.
Il giornalismo di Matilde Serao si distingueva per l’attenzione alla vita quotidiana, alle vicende umane che spesso venivano trascurate dai media dell’epoca. Con uno stile capace di combinare la cronaca e la letteratura, la Serao riusciva a dare una voce agli ultimi, ai dimenticati, alle donne. Il suo racconto di Napoli era intimo e realistico, pieno di contraddizioni, ma sempre appassionato e lucido. Grazie a lei, la città partenopea non era solo un palcoscenico per storie di miseria, ma anche un luogo di energia, cultura e vitalità.
La Serao non era solo una cronista attenta, ma anche un’intellettuale profondamente consapevole del proprio tempo. Il suo lavoro non si limitava alla descrizione degli eventi, ma li interpretava, gettando uno sguardo critico sulla società e il ruolo delle istituzioni.
Rispetto ai tempi di Matilde Serao, il giornalismo ha subìto profondi cambiamenti. L’epoca in cui lei operava era caratterizzata da una stampa prevalentemente cartacea, in cui la notizia aveva un ritmo più lento, consentendo ai giornalisti di sviluppare analisi e riflessioni più approfondite. Oggi, con l’avvento della digitalizzazione e dei social media, il giornalismo ha dovuto adattarsi a una velocità di comunicazione e consumo delle notizie senza precedenti.
Napoli non ha mai dimenticato la sua grande giornalista. In città, Matilde Serao è ricordata non solo per il suo contributo professionale, ma anche per la sua umanità e per la capacità di rappresentare Napoli in tutta la sua complessità. La sua visione continua a vivere nelle pagine de Il Mattino e nelle opere di tanti giornalisti che, come lei, cercano di raccontare la città con onestà e passione, come la ricorda la targa esposta all’interno della Galleria Umberto I, proprio dove lì, la Serao fondò la redazione de Il Giorno.
A rendere omaggio alla grande giornalista napoletana è stato lo scrittore Massimiliano Virgilio con il suo ultimo romanzo edito Feltrinelli dal titolo: “Luci sulla città – un’inchiesta per Matilde Serao”. Il libro è ambientato nella Napoli di fine ‘800 e la giornalista sarà messa a dura prova nel dover risolvere un omicidio.
Dott. Virgilio, il suo ultimo romanzo “Luci sulla città” pone al centro la figura della giornalista Matilde Serao. Come nasce l’idea di questo romanzo e soprattutto come nasce la passione nei confronti della Serao?
“La passione per la Serao nasce a scuola durante l’estate alla fine del primo anno delle superiori quando l’insegnante di lettere ci diede dei libri da leggere durante l’estate. C’era questa lista tra cui scegliere, per poi dover fare una relazione capitolo per capitolo, e durante l’ozio estivo quando l’estate era ancora una stagione della gioventù dove ci si annoia e, non come oggi che finiamo tutti troppo presto le ferie. Era una lunga stagione di noia, lessi pertanto questo libro e scoprì questo racconto su questa città che sembrava diversissima, ma allo stesso tempo molto simile a quella che io vivevo ogni giorno. E poi ho scoperto la figura di Matilde Serao che ho ritrovato una forte connessione molti anni dopo, quando, anch’io ho iniziato a lavorare in una redazione giornalistica e ho sentito come lei sentiva, l’ardore della notizia ma, allo stesso tempo anche la fatica, la polvere, il sudore ma anche l’inutilità di un lavoro, come quello dei giornalisti che ogni giorno ti porta a ricostruire il mondo daccapo. Ogni volta.”
Il romanzo è ambientato in una Napoli di fine ‘800. Napoli è cambiata tanto, cosa pensa ancora possa cambiare in città e, secondo lei, si stava meglio prima o adesso?
“Non posso sapere se si stava meglio prima o adesso. Credo sicuramente che rispetto all’ottica passatistica che vuole sempre il passato e non il presente, è in dubbio in ogni caso che le condizioni gravi di cui Napoli e i napoletani di fine ‘800 vivevano, quello che ha raccontato Matilde Serao ne “Il ventre di Napoli” condizioni di invivibilità che oggi non esistono più o perlomeno permangono in parte. È chiaro che la città vive le sue enormi difficoltà in determinati ambienti soprattutto, e questo è un dato che non bisogna mai dimenticare. Napoli è una città molto povera, rispetto alle grandi altre città italiane ed Europee. Credo che Napoli possa cambiare molto, sta già cambiando ogni giorno. Le sfide del futuro sono tante e non basterà risolverle di certo il turismo e i turisti. Questa è la mia idea”
Il titolo del suo romanzo può essere visto anche come un inno a scoprire le luci sulla città visto che Napoli è da sempre considerata la città delle ombre vs luce. Cosa ne pensa al tal proposito?
“Sicuramente è un modo per provare a raccontare le luci, naturalmente senza fare sconti alla città dell’epoca e alla città di oggi su ciò che funzionava e non. La luce è l’opposto al buio che è molto presente in città. La Napoli di fine ‘800 era una Napoli che sì aveva perso il titolo di capitale di un regno, ma era diventata la città di un altro grande regno, molto ben più vasto: il regno d’Italia. Ed è stata a suo modo anche una città dove risplendevano le luci della belle époque, dei caffè chantant, dei teatri e della grande stagione della canzone napoletana. La grande stagione del giornalismo e delle donne forti, forse ancor più di oggi (ride, n.d.r). che battagliavano per avere una vita vera e una vita da donne evolute. Ecco, quelle erano luci forti su Napoli e il mondo lo sapeva perché Matilde Serao era una delle persone più note al mondo, non era soltanto una giornalista. Scriverà alla fine della sua carriera su ben 201 testate a livello mondiale, dall’Australia, al Canada, all’Europa”.
Matilde Serao da sempre vuole porre al centro le esigenze del popolo. Pensa che questa esigenza vige ancora oggi? Attraverso la figura della Serao notiamo di come il giornalismo sia cambiato. Cosa ne pensa e perché secondo lei, questa professione ha subìto questi cambiamenti?
“Fortissimamente esiste ancora oggi. Il problema è chi rappresenta il popolo e cosa rappresenta il popolo, ma chiedersi anche quanto la classe giornalistica oggi riesca a rappresentare e a raccontare le istanze del popolo e, quanto quest’ultimo possa rappresentarsi nella politica, per esempio o nella classe intellettuale o giornalistica. Nel mio romanzo lo scrivo, si è giornalisti perché si conosce più degli altri la realtà, più ci si afferma in questo campo e più ci si distacca da quella realtà che si conosceva.
Questo credo che oggi sia uno dei gravi problemi del giornalismo: più i giornalisti sono bravi all’inizio e più spesso finiscono per essere inglobati in quel mondo che non è più in grado di cogliere le condizioni del popolo.
Ha subìto molti cambiamenti, a fronte di questo però ci sono notevole esperienze di giornalismo partecipativo di grandi e autorevoli giornalisti e giornaliste. Penso soltanto a quante giornaliste stanno raccontando gli scenari di guerra, non tutto è perso. Ha subìto cambiamenti sì, dovuto anche al cambiamento tecnologico e l’assenza dell’inchiostro però esiste ancora quel giornalismo che indaga fino in fondo per scoprire effettivamente come stanno le cose.
Ecco dare la notizia, oggi in alcune parti, il giornalismo ha perso questa capacità. Siamo tutti degli schermisti, siamo lì davanti allo schermo per ore ma non osserviamo più il mondo, questo perché è cambiato un modello economico che è fortemente in crisi e, che naturalmente non smetterà di far vivere il giornalismo vero”.
Giornalista sì, ma anche donna e madre. Infatti la notiamo sempre al centro di diverbi con suo marito, Edoardo. Perché oggigiorno, per le donne è così difficile emergere nel mondo del lavoro?
“Non sono un esperto di queste tematiche e tra l’altro, da uomo è più complicato per me rispondere. Posso dire che oggigiorno, in teoria non sarebbe così difficile per le donne emergere nel mondo del lavoro, in pratica è difficile invece. Perché la maggior parte sono degli uomini a comandare e questo fa emergere quindi la prevalenza nello scegliere altri uomini. È un meccanismo che dev’essere invertito. Io non sono per le quote rosa in sé, soprattutto nel mondo dell’impresa, però favorire le condizioni d’ingresso delle donne nel mondo del lavoro. Credo che la difficoltà emerga perché alla base c’è una sorta di discriminazione a partire dalle istruzioni, alla crescita ma anche nelle famiglie”.
Cosa pensa delle donne che desiderano fare carriera anziché mettere su famiglia?
“Non so. Penso che andrebbe ribaltato questo andamento e questa prospettiva che è ingiusta e patriarcale. Perché le donne come gli uomini non possono essere genitori?”.
Come nasce la passione per la scrittura e può parlarci dei suoi precedenti lavori editoriali?
“La passione per la scrittura nasce quando ero molto giovane e poi si è interrotta. Intorno ai 20 anni è rinata. I miei primi lavori nascono dal tentativo di raccontare ciò che accadeva nel mio quartiere, per la strada. Ho raccontato parti della mia vita, con temi urgenti”.
La cover ritrae una parte della Galleria Umberto I a Napoli, proprio dov’è posizionata la targa in memoria della Serao in quanto fondatrice de “Il giorno”. Chi ha scelto la cover e come mai questa scelta?
“La scelta è dell’editore Feltrinelli e poi di tutto il reparto editoriale. Io ho accolto con grande gioia questa immagine che era un dipinto.
In quale personaggio dei suoi libri si identifica e per quale motivo?
“Sicuramente in Matilde Serao per i motivi che dicevo prima. Donna divisa tra scrittura di romanzo e giornalismo. Per me la scrittura è rivelazione e scoperta.”
Che riscontri sta avendo in merito all’ultimo romanzo e qual è il complimento più bello che ha ricevuto?
“Tanti bei riscontri. È un’esperienza inedita quella di scrivere un giallo. Il complimento più bello: dopo aver letto il tuo libro ho acquistato un libro della Serao l’altro, a cui tengo: chi è esperto di giallo ha saputo appassionarsi a questa storia. Perché è una trama di tensione”.
Ha in mente di scrivere dell’altro? Se sì, su che tematica?
“Sì, ma non so su cosa scriverò e quando. Intanto mi godo Matilde Serao”.