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“La Luna” di Davide Iodice arriva in Sala Assoli

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NAPOLI – Dopo il debutto a Palazzo Fondi, La Luna, spettacolo di Davide Iodice – vincitore nel 2019 del Premio ANCT (Associazione Nazionale Critici di Teatro) –, torna, dal 17 al 19 novembre (venerdì e sabato ore 20.30 e domenica ore 18), con una messinscena ripensata per lo spazio di Sala Assoli. Il lavoro teatrale è stato avviato nell’edizione 2018 del Napoli Teatro Festival Italia con un laboratorio presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli: i cittadini sono stati invitati a portare lì i loro scarti emotivi e le narrazioni che hanno accompagnato i reperti sono diventate la base di una scrittura polifonica.

Anche in questa edizione, il pubblico è invitato a partecipare, portando con sé oggetti rappresentativi di un momento e raccontandone la storia: i reperti e i racconti andranno ad arricchire la drammaturgia dello spettacolo. Davide Iodice incontrerà il pubblico in Sala Assoli, un’ora prima di ogni replica (venerdì 17 e sabato 18 novembre alle ore 19.30 e domenica 19 novembre alle ore 17.00) per effettuare la raccolta. Lo spettacolo prodotto da Interno 5 in collaborazione con Teatri Associati di Napoli e coprodotto da Casa del Contemporaneo, vede in scena Francesca Romana Bergamo, Veronica D’Elia (Annamaria Palomba), Fabio Faliero, Lia Gusein Zade (Alice Conti), Biagio Musella, Damiano Rossi, Ilaria Scarano, Fabrizio Varriale.

Costo del biglietto intero 18 euro; ridotto 14 euro. Info e prenotazioni: 345 467 9142 – assoli@casadelcontemporaneo.it

La Luna è la terza ideale tappa di una ricerca sulla crisi del contemporaneo, iniziata con La Fabbrica dei Sogni e proseguita con Un giorno tutto questo sarà tuo. Materia di indagine, dopo sogno e eredità spirituale, è lo scarto, il rifiuto, nella sua accezione simbolica, affettiva, emotiva, poetica: ciò di cui ci si vuole liberare, o che si è messo da parte e, estendendo il senso, il rifiuto agito e subito. L’ambito della ricerca espressiva è qui la Pòlis, la comunità cittadina, chiamata ad essere ‘drammaturga’ del processo creativo. Oltre duecento i reperti raccolti: messaggi lasciati prima di un addio irreversibile, denunce di abusi inconfessati per tutta una vita, l’abito per il funerale di un padre, quello di un matrimonio finito. Tragedie personali ma anche collettive: la mascherina che usa in casa chi vive in terra dei fuochi; un coltello sottratto ‘per contrappasso’ a un bambino di dieci anni da parte di un ex ragazzo di strada. E poi: rose appassite di amori violenti, chiavi di stanze chiuse dov’è successo qualcosa di doloroso e dove non si è più tornati, una gabbietta lasciata vuota da un uccello che si è squarciato il petto nel tentativo di liberarsi.

Con questo lavoro si compie così un atto psicoanalitico collettivo, trasformato espressivamente dagli attori/performers, chiamati a contaminarsi con l’immondo psicologico di una comunità per ricavarne un’idea di mondo, di società, un senso perduto, identitario, pubblico, se non già quel senno che Astolfo cerca sulla Luna dove “ciò che si perde qui, là si raguna”. «Non è una sfera lucente, la luna, questa luna, è piuttosto un ammasso che ricorda le eco-balle delle nostre parti, un grande imballaggio di cose pressate, che straripano, che stanno lì come monoliti enigmatici; ingombranti – racconta l’ideatore e regista Davide Iodice. Un rimosso-irremovibile che noi collochiamo nel corpo della città, come un cuore lacerato e pulsante. Violenza, amore, malattia, morte, lacrime, infanzia, identità, ne costituiscono la sostanza».

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