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“L’amore mio non muore”: a lezione da Saviano all’Augusteo di Napoli

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NAPOLI (Di Anna Calì) – Un teatro colmo, un silenzio carico di attesa e poi la voce inconfondibile di Roberto Saviano, ferma, profonda e densa di significato. È iniziato così, ieri sera, al Teatro Augusteo di Napoli, il tour teatrale “L’amore mio non muore”, tratto dall’omonimo libro appena uscito per Einaudi. Un evento che non è stato una semplice presentazione letteraria, ma un incontro umano e intellettuale, una lezione di vita e di pensiero.
Ancora una volta, è riuscito a trasformare la parola in esperienza collettiva, il racconto in rivelazione.

Al centro della narrazione c’è Rossella Casini, la studentessa fiorentina uccisa nel 1977 per aver amato l’uomo sbagliato: Francesco Frisina, figlio di una famiglia di ’ndrangheta. Rossella aveva solo 25 anni e aveva creduto che l’amore potesse vincere sull’odio e la vendetta. Invece, il suo sogno di libertà è stato spezzato da una cultura che non perdona chi tenta di rompere le sue catene.

La racconta con rispetto, con dolore, ma soprattutto con gratitudine. La giovane ha avuto il coraggio di mettersi contro il sistema, di andare personalmente a casa di chi stava facendo la guerra alla famiglia del suo fidanzato, ma non per eroismo bensì per amore. Ed è questo che forse l’ha resa eterna perché: l’amore non muore, in quella frase che dà titolo al libro e allo spettacolo, e lo scrittore concentra tutto il senso della sua opera: l’amore come forma di resistenza, come luce che non si spegne neanche davanti alla morte.

Ma sul palco dell’Augusteo, l’autore non legge le pagine del suo libro, bensì le attraversa, le allarga, le mette in dialogo con la storia, l’arte e la poesia.

Parla di Guillaume Apollinaire, di come l’amore e la guerra convivano nei versi del poeta francese, di come la bellezza e la ferocia si inseguano da sempre.
Evoca il cinema e l’arte figurativa, cita film e immagini che hanno segnato l’immaginario collettivo, e infine arriva al Vangelo, al momento in cui Gesù annuncia a Pietro che lo tradirà tre volte.

Saviano alterna toni lirici e spiegazioni lucide, costruendo una narrazione che tocca il cuore ma parla anche alla mente. Ogni sua parola è un ponte tra la letteratura e la realtà, tra l’emozione e la riflessione civile.

Con il rigore che lo contraddistingue, spiega anche il contesto criminale dentro cui si è consumata la tragedia di Rossella Casini. Parla della faida non come semplice vendetta, ma come sistema chiuso e perverso, dove la violenza è regola e la pace impossibile.
“Quando sei dentro una faida, racconta, non puoi tirarti indietro. Perché chi lo fa perde tutto: i beni, la casa, il rispetto, l’onore. L’altro lato prende tutto. Ti lascia in vita, ma ti svuota di tutto ciò che sei.”
È in questo passaggio che ritorna ad essere il grande divulgatore che conosciamo: capace di rendere comprensibili meccanismi complessi, senza mai banalizzarli. E il pubblico ascolta, partecipe, in un silenzio che è quasi reverenza.

Quello andato in scena ieri sera all’Augusteo non è stato un monologo, ma un atto di condivisione. Un pozzo di sapere dal quale ciascuno ha potuto attingere. Con il suo tono pacato ma fermo, l’autore accompagna il pubblico in un percorso che è insieme intellettuale ed emotivo: parla di giustizia, di paura, di libertà, ma soprattutto di amore.
Ogni volta che sale su un palco, riesce a fare ciò che pochi sanno fare: illuminare. Le sue parole non sono mai solo denuncia, ma anche consolazione, conoscenza e prospettiva. Ti costringono a guardare il mondo da un’altra angolazione, a interrogarti, a non accontentarti della superficie.

Alla fine, un lungo applauso, prolungato, sincero. Il pubblico si alza in piedi, molti con gli occhi lucidi e lui ringrazia con un sorriso timido, come chi sa di aver toccato corde profonde.
Perché “L’amore mio non muore” non è solo il racconto di una tragedia, ma una riflessione sulla vita e sulla dignità.
E a Napoli, città di passioni e contraddizioni, il messaggio risuona forte: l’amore, quello vero, quello che sfida tutto, non muore mai.

Ancora una volta, Roberto Saviano ha fatto ciò che gli riesce meglio: raccontare per capire, parlare per resistere, insegnare per cambiare.
E da quella lezione, ieri sera, nessuno è uscito uguale a prima.

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