F.A.B. (Flesh and Blood) è orgogliosa di annunciare la pubblicazione di Carne di Stato, un’opera visionaria, intensa e provocatoria, che esplora i lati più oscuri del controllo e della disumanizzazione. Attraverso una narrazione diretta e senza compromessi, il romanzo conduce il lettore in un mondo dove il potere annienta l’individuo e trasforma il corpo umano in pura funzione.
Con uno stile incisivo e crudo, Carne di Stato racconta la storia di Giulia, una protagonista che attraversa un processo di addestramento volto a cancellare ogni traccia di identità personale. Il romanzo mette in luce dinamiche di controllo assoluto, esplorando l’obbedienza estrema e la deumanizzazione, in un crescendo di tensione e drammaticità. Le scene descritte, potenti e crude, non lasciano spazio a compromessi, rendendo questo romanzo una lettura che scuote e spinge alla riflessione.
“Carne di Stato” è un romanzo forte, disturbante e senza compromessi. Cosa l’ha spinto a raccontare questa storia e da dove nasce l’idea del processo di disumanizzazione della protagonista Giulia?
“La spinta è venuta dalla necessità di raccontare cosa succede quando il potere invade l’intimità, il corpo, e perfino l’identità delle persone. L’idea è nata osservando come certi meccanismi di controllo, oggi spesso subdoli, portano alla progressiva erosione dell’individualità. Giulia non nasce disumanizzata: lo diventa per adattarsi, per sopravvivere. Ed è proprio in quel processo che volevo costringere il lettore a guardare”.
Il tema del controllo assoluto sul corpo e sulla mente è centrale nel libro. Crede che ci siano analogie con dinamiche reali della nostra società?
“Assolutamente sì. Oggi il controllo non ha più bisogno della violenza fisica esplicita: passa attraverso il linguaggio, i media, la medicina, la burocrazia. Siamo osservati, profilati, normati. Il corpo – soprattutto quello femminile – è ancora un campo di battaglia politica e culturale. Carne di Stato estremizza queste dinamiche per renderle visibili”.
Il suo stile narrativo è crudo, diretto, quasi chirurgico. È stata una scelta stilistica consapevole per rendere il racconto più immersivo, o è il modo naturale in cui scrive?
“È stato un atto necessario. Raccontare una storia così dura richiedeva uno stile che non addolcisse nulla. Ogni parola, ogni scena, doveva colpire, ferire, restare. Non potevo permettermi la retorica o l’eufemismo. È un linguaggio spoglio, come il mondo che descrivo”.
Giulia, la protagonista, attraversa una trasformazione radicale. Quant’è stato difficile per lei costruire e far vivere un personaggio così complesso?
“Molto. Giulia è un personaggio che ho amato e odiato scrivendo. Dovevo spingerla in zone oscure senza mai renderla vittima passiva o simbolo astratto. La sua umanità, pur deformata, doveva restare percepibile. Ho dovuto scavare molto dentro di me per darle voce senza giudicarla”.
Il romanzo esplora anche la lussuria come strumento di potere. Quanto crede che il corpo, nella narrativa contemporanea, possa essere ancora un veicolo politico?
“Il corpo è sempre politico, oggi più che mai. Nella narrativa è un mezzo potentissimo per interrogare potere, identità, libertà. La lussuria nel libro è uno specchio: riflette ciò che una società desidera e ciò che teme. Non è erotismo, è controllo mascherato da desiderio”.
“Carne di Stato” non è una lettura per tutti: la preoccupava l’impatto che avrebbe avuto sul pubblico, o ha scelto fin da subito di non fare concessioni?
“Non ho mai pensato di fare concessioni. Sapevo che sarebbe stato divisivo, ma sarebbe stato un tradimento edulcorarlo. La letteratura deve poter disturbare, provocare, scuotere. Se non lo fa, che senso ha?”
Un’opera che non solo narra, ma interroga e provoca. Qual è la domanda principale che spera rimanga nel lettore dopo l’ultima pagina?
“Quanto siamo davvero liberi? Non come slogan, ma nella vita concreta: nei desideri, nelle scelte, nei corpi. La domanda che spero resti è: “Cosa sarei disposto a sacrificare pur di essere accettato?”
Ha già in mente un nuovo progetto? Continuerà a esplorare tematiche distopiche e di critica sociale, oppure sta pensando a una direzione diversa?
“Sto lavorando a qualcosa di nuovo, sempre borderline tra reale e distopico. Non posso ancora dire molto, ma continuerò a interrogare il presente. Per me la scrittura è un modo di affrontare le crepe del mondo, non di fuggirle”.

















