SALERNO – Venerdì 25 novembre, alle ore 21,45, la stazione marittima secondo appuntamento del mini-cartellone ideato da Elio Macinante e dal patron Roberto Lumino

Dopo il successo della serata inaugurale della rassegna Jazz Bahr che ha salutato il sentire musicale della pianista Armanda Desidery e del suo Quartetto, fatto di vene blu che attraversano un corpo urbano, tra storie disseminate nei riff ostinati e reiterati, per poi sbarcare nei Caraibi, sulla costa atlantica, dispiegando sensibilità e suggestioni,

eseguendo e ri-eseguendo la modernità, sfruttandone gli spazi tra le note ufficiali, i suoni e sentimenti inediti, attraversando, contaminando e creolizzando il paesaggio, venerdì 25 novembre, alle ore 21,45, secondo appuntamento alla Stazione Marittima, negli spazi Bahr di Roberto Lumino, il quale insieme ad Elio Macinante, ha pensato di ridonare uno spazio per “fare” jazz a Salerno. La seconda serata saluterà in pedana  il trio del chitarrista Pietro Condorelli “Vision”, che schiera Emiliano De Luca al contrabbasso e Claudio Borrelli alla batteria, una formazione che prende il nome dal loro ultimo progetto, con cui il leader è tornato alle scene dopo vent’anni e una pandemia in mezzo, in cui tutti noi abbiamo avuto modo di riflettere sul proprio percorso. L’intrecciarsi e, il sovrapporsi, il rincorrersi e lo stimolarsi cui i tre musicisti, in chiave dichiaratamente estemporanea, daranno vita, ad una particolare disposizione spaziale, in cui le tre “voci” sapranno diventare idealmente una sola, segnando nel contempo la piena maturità di una formazione in cui si coniugano organicamente gli aspetti solistici alla scrittura che sa alternare brani originali ad un approfondito lavoro sul repertorio. La chitarra di Condorelli regalerà fraseggi eleganti e ricercati, dimostrando un accurato lavoro soprattutto in fase di composizione e arrangiamento. Il suo è un tocco leggero, a tratti quasi impercettibile, ma ben ancorato al sound del trio, e darà sempre l’impressione che note e accordi siano perfettamente lì dove dovrebbero essere. Soprattutto emergerà il fondamentale ruolo di collante svolto da Condorelli per dare omogeneità al suono del trio, posizione peraltro condivisa dal resto della formazione, la batteria di Claudio Borrelli, che denota grande abilità anche nella gestione dell’elemento poliritmico, sempre “pulita” nel suono e il contrabbasso di Emiliano De Luca, poco appariscente, ma fondamentale per l’equilibrio del gruppo, che farà risaltare ogni singola nota, dimostrandosi molto efficace soprattutto in fase di accompagnamento. La perfetta padronanza che i tre musicisti hanno dei propri strumenti permetterà, poi, un continuo rimescolio di posizioni all’interno dell’impianto complessivo, anche perchè il tutto si avvale di una compostezza dettata da un equilibrio costantemente ricercato, e che viene spezzato solo dagli assolo e dai cambi di ritmo, conferma della maturità ormai raggiunta e condivisa da Condorelli nella veste di musicista e compositore – nonché la bontà dei risultati, mai scontati, raggiunti dalla solida formazione.

Pietro Condorelli

Una vita dedicata alla musica, allo studio e all’insegnamento della chitarra jazz. Pietro Condorelli è considerato tra i migliori ed autorevoli chitarristi del panorama jazzistico italiano. La sua carriera di musicista è costellata da importanti collaborazioni nazionali ed internazionali, all’insegna della sperimentazione, oltre che delle forme più tradizionali. Inizia giovanissimo l’attività di musicista concepita però in modo più ampio, contribuendo alla creazione di spazi pensati per la musica. E’ il periodo nel quale le jam-sessions, rappresentano il fulcro attraverso il quale i linguaggi musicali, possono evolversi e fondersi. In queste occasioni nascono le prime collaborazioni con musicisti che nel tempo diventeranno i più rappresentativi nomi del jazz partenopeo tra i quali, Maria Pia De Vito, Vittorio Pepe, Daniele Sepe. Negli anni ‘80 alterna i suoi studi al DAMS con una vivace attività musicale che lo porta a collaborazioni live con Antonio Golino, Salvatore Tranchini, Marco Sannini e tanti altri, e collaborazioni in studio di registrazione contribuendo alla “Caserta Compilation” prodotta da Fausto Mesolella.

Nel 1988, fonda il Sonora Art Quartet insieme a Marco Sannini, Salvatore Tranchini ed Ares Tavolazzi, con il quale avrà modo di varcare i confini statunitensi per brevi tour e per la registrazione dell’album “Sonora”. Il Sonora Art Quartet vedrà poi nel tempo l’alternarsi di nuovi componenti tra i quali: Dario Deidda, Pietro Iodice, Maurizio Gianmarco, Massimo Urbani. I frequenti spostamenti di quegli anni, pongono le basi per aprire nuove ed importanti collaborazioni sia italiane che estere. Ha modo di collaborare con Lee Konitz, Paolo Fresu, Jimmy Wood, Gary Batz, Franco Cerri, e tanti altri. Negli anni ‘90 oltre alla sua collaborazione con gli “Area”, noto gruppo progressive, ottiene riconoscimenti quale miglior nuovo talento, grazie alla pubblicazione del suo primo album personale intitolato: “Guitar Style Journey”. Sempre nello stesso periodo, intraprende il percorso dell’insegnamento che lo porterà ad essere tra i più autorevoli protagonisti della didattica musicale. Le collaborazioni con scuole private sono numerosissime e altrettanto importanti e numerosi sono i seminari e workshop organizzati con Jim Hall, Joe Diorio, Frank Gambale, Mike Goodrick… per citarne solo alcuni. Dopo una attività triennale di docenza sostenuta al conservatorio di Cosenza, è attualmente titolare della cattedra di jazz presso il conservatorio di Napoli “San Pietro a Majella”.

 La rassegna continuerà con gli ultimi due appuntamenti:

il 9 dicembre giocherà in casa il Trio di Salerno, tre cognomi della nostra grande tradizione musicale: Sandro Deidda al sassofono tenore e soprano e clarinetto, Guglielmo Guglielmi, al pianoforte e Aldo Vigorito al contrabbasso. Serata di chiusura il 16 dicembre con il Daniele Scannapieco Quartet, composto dal leader al sassofono tenoreTommaso Scannapieco al contrabbassoMichele Matino al pianoforte e Luigi Del Prete alla batteria, un progetto molto affiatato, dotato di un grande interplay e una spiccata vocazione al mainstream, che fa diventare un saggio di bop in grande stile, con decise inflessioni hard-bop.

 

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