NAPOLI (Di Anna Calì) – Settant’anni fa nasceva un uomo che avrebbe dato voce a un’intera città. Oggi, il suo nome non è solo un ricordo, ma una melodia che continua a risuonare tra le strade di Napoli e nei cuori di chi lo ha amato. Pino Daniele non è mai stato solo un musicista: era un poeta con la chitarra, un esploratore dell’anima, un uomo che sapeva raccontare la vita con una semplicità disarmante.
Mi sarebbe piaciuto conoscerlo. Sedermi con lui, magari al tramonto, con il mare di Napoli a fare da spartito alle sue parole. Mi sarebbe piaciuto fargli domande, non tanto sull’artista, ma sull’uomo. Chi era Pino quando smetteva di suonare? Aveva paura del silenzio? Amava ancora quella città che tanto cantava, oppure il tempo gli aveva lasciato un sapore amaro in bocca?
Lo immagino con la chitarra poggiata sulle gambe, lo sguardo che vaga lontano, oltre il Golfo, oltre il Vesuvio, come a cercare una risposta che non si può dire, ma solo sentire. Mi piace pensare che, se avessi avuto la possibilità di intervistarlo, avrebbe risposto con uno di quei suoi sorrisi malinconici, accompagnato da un sospiro profondo, prima di lasciar cadere qualche parola densa di verità.
Forse avrebbe detto: “Napoli è cambiata, e pure io so’ cambiato, ma il cuore sta sempre lì, fra ‘o blues e ‘a speranza.”
E io gli avrei chiesto: “E oggi, cosa canteresti?”
Forse avrebbe scosso la testa, accarezzando le corde della sua chitarra: “Forse ‘Je so’ pazzo’, perché oggi essere pazzi è l’unico modo per restare liberi.”
Già, la libertà. Quella parola che ha sempre respirato tra le note della sua musica. Pino era un uomo che apparteneva solo alla sua arte, che cantava la vita con la voce roca di chi ha conosciuto la strada, la fatica, la verità delle emozioni senza filtri.
Forse oggi non avrebbe voglia di grandi celebrazioni, non amava i riflettori troppo insistenti. Ma gli sarebbe piaciuto vedere la sua Napoli ancora avvolta nella sua musica, sentirla nei vicoli, tra la gente, nei sorrisi complici e nelle lacrime nostalgiche di chi lo ascolta per ritrovarsi. Perché le sue canzoni non erano solo suoni e parole, erano Napoli stessa che si raccontava.
Ma la sua terra, oggi non può esimersi. Un sacco di iniziative infatti si svolgeranno nella giornata odierna:
Alle ore 21.00 il concerto a Piazza del Gesù “Puorteme a casa mia – Je sto vicino a te”, che vedrà la conduzione affidata a Serena Autieri e la presenza di numerosi ospiti.
Alle 19 al Teatro Palapartenope il memorial dal titolo “Je sto vicino a te” con la presenza di Joe Barbieri, Marisa Laurito, Walter Ricci e tanti altri.
Alle ore 14.30 davanti al teatro Mercadante ci sarà un flashmob
Alle ore 18.00 a Port’Alba ci sarà un incontro con la lettura con giornalisti e scrittori
Alle ore 9.00 verrà inaugurata a Palazzo Reale la mostra “Spiritual”
Nel giorno del suo settantesimo compleanno, chiudo gli occhi e lo immagino su un palco, con la sua chitarra, le dita che sfiorano le corde come fossero carezze e la voce che ancora una volta ci ricorda che “tutto passa… ma a volte resta”.
E tu, Pino, sei rimasto. Sei rimasto nelle strade di Napoli, nelle notti di chi ha ancora voglia di sognare, nelle mani di chi impara a suonare la chitarra ascoltandoti, nei cuori di chi non ha mai smesso di cercare la poesia nella musica.
Buon compleanno, maestro. E grazie.
“Voglio ricordarlo non solo per quello che ha fatto per la sua città ma anche per il contributo dato a tutto il Paese e alla musica internazionale, musicisti come Eric Clapton si sono esibiti con lui. Non aveva mezzi termini né peli sulla lingua, sincero e critico. Poteva attaccare chiunque, nella musica, nella cultura e nella politica, anche i suoi stessi amici. Combatteva per difendere ciò in cui credeva. È stato antesignano di una nuova idea del territorio, credeva nel riscatto del Mezzogiorno. A chi gli chiedeva se fosse napoletano rispondeva: ‘io sono soprattutto un uomo del Sud’. ‘Sud , scavame ‘a fossa, voglio murì cu te ‘- recita una strofa del suo inedito pubblicato dopo la sua scomparsa.
Oltre che per il suo compleanno, lo ricordiamo proprio per il suo essere stato difensore del Sud. La sua terra oggi viene bistrattata e pubblicamente offesa per il dramma del bradisismo e degli sciami sismici nei Campi Flegrei. Gente che invece di essere sostenuta viene colpevolizzata solo per il fatto di vivere in un territorio a rischio. Nessuno mai ha puntato il dito contro l’altra mezza Italia dove si vive in zone ad alta sismicità, dove la cementificazione selvaggia, l’aver tombato i corsi d’acqua, ha creato grossissimi rischi idrogeologici. A questi attacchi contro il suo popolo Pino avrebbe risposto con la sua celeberrima canzone ‘O scarrafone in cui descriveva come una parte dell’Italia odia ed insulta un altro pezzo del paese quando invece si dovrebbe essere tutti uniti. A parole forse è così, nei fatti assolutamente no.
Pino sapeva unire, con la sua musica e la sua arte metteva tutti d’accordo.”