NAPOLI – Farà tappa al Teatro Elicantropo di Napoli, da giovedì 16 novembre 2017 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 19), Se Cadere Imprigionare Amo, l’originale pièce scritta e diretta da Andrea Cramarossa, con Silvia Cuccovillo, Federico Gobbi e Domenico Piscopo.
Presentato dal Teatro delle Bambole di Bari, l’allestimento vede protagonista una madre, che, dopo aver abbandonato i propri figli e, dopo averli seppelliti nell’incuranza di una dieta anaffettiva colma di forzature e di legami morbosi e deleteri, decide di tornare nuovamente in famiglia. Il ritorno precede la caduta, l’omicidio, la perdita.
Se Cadere Imprigionare Amo è un mélange di dichiarata poesia e narrazione dissonante. La storia prende avvio dal sogno di un bruco addormentato nel suo bozzolo, e segue la sua metamorfosi, da un vivere ripugnante e strisciante a un vivere saltellante e svolazzante.
Si fonda su un fatto realmente accaduto qualche anno fa in Italia. Un giovane adolescente, pingue e un po’ introverso, è preda ideale degli “amici” e “compagni” di gioco. Un giorno, il giovane adolescente, è sodomizzato dai suoi “amici” con l’ausilio di un tubo ad aria compressa, provocando danni irreversibili all’apparato digerente.
I genitori dell’amico, soprattutto la madre, reagiscono violentemente con minacce e insulti, alla denuncia effettuata dai genitori della vittima, giustificando l’operato del figlio come una “ragazzata”, uno “scherzo”, un “gioco”.
“Lo spettacolo – scrive Andrea Cramarossa in una nota – nasce dal progetto di ricerca La lingua degli insetti // Cofanetto 3: La Caduta. L’approccio al mondo immenso e misterioso degli Insetti, mi ha permesso, con stupore, di lasciarmi suggestionare dagli stimoli sensibili dei loro micro movimenti, del loro esistere, del loro “sentire”, aprendo lo sguardo su possibili connessioni con il mondo altrettanto misterioso degli esseri umani”.
In scena, dunque, farfalle e blatte intrappolate nella tela di un ragno che tesse parole incomprensibili, metafora di una grande società composta dagli stessi protagonisti. Questi cercano di ribellarsi, ma non riescono a uscire, volare, accettare il cambiamento della trasformazione. Spesso sono vittime del proprio racconto.
A volte riescono a vincere grazie alla loro bellezza, altre, a dispetto della bruttezza di chi si professa innocente, è ingiustamente condannato per atti che non ha commesso. Tutti, però, rimangono imprigionati nel tentativo estenuante di trovare un’identità possibile.
Gli spettatori entreranno nel gioco infame della metamorfosi, talvolta condotto attraverso atti demenziali, altre volte con drammaticità, sfociando spesso nel senso di un vivere grottesco.