NAPOLI – Sono anni che in ambito normativo si parla di interventi di modifica del sistema di Giustizia Tributaria.

Questo in ragione dell’esigenza di un miglioramento del procedimento incardinato, oggi, dinanzi alle note Commissioni Tributarie, che rappresentano i giudici speciali a cui la legge ha attribuito la cognizione dei primi due gradi di giudizio.

Accertamenti e cartelle di pagamento non possono, infatti, essere impugnati dinanzi al Tribunale, né davanti al Tar, ma esclusivamente presso la Commissione Tributaria Provinciale, dopo la quale vi è la Commissione Tributaria Regionale che rappresenta il secondo grado del processo, al termine del quale vi è il rimedio ultimo della difesa in Cassazione. “ Un iter, questo- spiega l’avvocato Anna Maria Argentino- delineato dal D.Lgs. n. 546/1992, che regolamenta il processo tributario nel nostro ordinamento, sul quale tutti stanno cercando di mettere le mani per dar seguito al “grido di dolore” sia di difensori e contribuenti, che spesso non si sentono garantiti da un procedimento troppo veloce e da giudici poco avvezzi al tecnicismo della materia, sia della Suprema Corte di Cassazione, letteralmente sommersa da fascicoli tributari”.

Ad oggi sono ben dieci i disegni di legge delega depositati presso il Parlamento, ai quali nessuno sinora ha dato seguito. “ La soluzione a tutti i mali del Processo Tributario sarebbe stata trovata -continua l’avvocato- nel trasferire il contenzioso fiscale ai Tribunali, presso i quali i giudizi si incardinerebbero attraverso la procedura semplificata di cui all’art. 702-bis c.p.c., noto ai più come processo sommario di cognizione, in cui si occuperebbe della decisione un giudice monocratico, e, solo su sua richiesta, il Collegio. Nessuna fase istruttoria, quindi, percorribile in questa ipotesi di riforma, né tantomeno uno specifico procedimento di sospensione, pur trattandosi di atti immediatamente esecutivi, né ancora un percorso di specializzazione per i giudici, i quali diventerebbero certamente tutti togati, ma ancora non specializzati nella materia fiscale. Gli Avvocati, così, secondo questa ipotesi, resterebbero gli unici possibili difensori dei contribuenti, lasciando ai commercialisti iscritti alla Sezione A dell’albo ordinario unicamente il patrocinio in primo grado. In sintesi questo sistema aggraverebbe, e non di poco, il lavoro già a rilento dei Tribunali, a discapito dei contribuenti ricorrenti e destinatari di atti immediatamente esecutivi, per i quali, attualmente, quantomeno vige un procedimento specifico di sospensione davanti alle commissioni ora del tutto ignorato”.

Insomma, una Riforma, questa, che non può esser condivisibile e che non farebbe altro che peggiorare l’equilibrio già precario della giustizia tributaria, che da giustizia di serie B, rischierebbe di esser cancellata una volta per tutte dall’ordinamento, senza neppure una norma di rango costituzionale.

“A noi Avvocati tributaristi – conclude l’avvocato Argentino- il compito di vigilare affinchè tutto questo non avvenga e che la Riforma della Giustizia Tributaria sia un’opportunità per tutti gli operatori del settore”.

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