NAPOLI – “In merito alle notizie della condanna da parte del Tribunale Civile nei confronti del Comune di Napoli, citato da una cittadina georgiana, intendiamo specificare innanzitutto che la situazione della donna è sicuramente complessa e quantomeno singolare, dato che non ha MAI presentato domanda di bonus, né si è rivolta ai servizi sociali per far conoscere la sua situazione o ottenere l’aiuto legato all’erogazione del pacco alimentare, distribuito a tutti i cittadini in difficoltà (oltre 4.000 senza alcuna distinzione riferita a residenza) che non rientravano nei requisiti del bonus spesa.

È da considerarsi come un’eccezione in un sistema che con specifici atti ha dimostrato concretamente il supporto a tutte le fasce deboli, ivi inclusi i migranti.

Abbiamo, inoltre, ascoltato e preso in carico tutte le pratiche che potessero presentare anomalie e che ci sono state indicate da associazioni, comitati e cittadini singoli, così da essere il più inclusivi possibile.
Siamo amareggiati ma rigettiamo nel modo più assoluto qualsiasi accusa di discriminazione. L’Amministrazione , infatti, è l’unica ad aver riconosciuto il bonus spesa così come gli altri benefici ad immigrati regolari, cittadini Rom, richiedenti asilo, destinatari di protezione internazionale e a chi è in possesso della residenza di prossimità, laddove invece altri Comuni in Italia hanno previsto come prerequisito la residenza anagrafica.

A Napoli sono state presentate e accettate domande di bonus da 1.137 richiedenti asilo politico e/o rifugiati politici, 3.318 richiedenti aventi indirizzo di prossimità o non residenti a Napoli, ma con comprovate motivazioni per cui sono risultati nella città di Napoli durante il periodo di isolamento, come ad esempio, arresti domiciliari fuori dal proprio comune, allontanamento familiare o situazioni particolari.
Altre 50 domande sono state riammesse dopo una prima esclusione per non residenza, presentando documentazione di status di rifugiato politico, richiedente asilo e similari. Attualmente, inoltre, sono al vaglio altre richieste in attesa di documentazione.

Siamo aperti al confronto, ma non alla mistificazione della realtà: avendo compreso la situazione e dovendo dare seguito ad una ordinanza cautelare, con le esigue risorse rimaste (già di gran lunga inferiori alle reali necessità del territorio) rivedremo le pratiche escluse per motivi di non residenza e come è stato già fatto apriremo alla possibilità di includere chi dimora stabilmente sul territorio, purché comprovato da apposite documentazioni. Va detto comunque che la stessa esiguità delle risorse restanti comporterà la necessità di individuare ulteriori criteri oggettivi selettivi.”

Lo afferma in una nota l’assessora al welfare Monica Buonanno

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