NAOLI – “Pil a crescita zero, riduzione degli investimenti e dei consumi, brusco calo dell’export, trend negativi per l’occupazione. Il tutto in una condizione di forte incertezza e fragilità del tessuto produttivo. Le previsioni sull’economia italiana per il 2023, segnalate dal Rapporto del Centro studi di Confindustria presentato stamattina, sono preoccupanti. In questo scenario, il recente aumento dei tassi di interesse e del costo del denaro deciso dalla Bce, seppur con l’obiettivo di combattere e tenere sotto controllo l’inflazione, mette le piccole e medie imprese ancora più in difficoltà perché rappresenta l’ennesimo ulteriore maggior costo di cui gli imprenditori sono costretti a farsi carico”.

A parlare è Pasquale Lampugnale, vicepresidente nazionale di PI Confindustria
con delega a Economia, Finanza e Fisco e Presidente della Piccola industria di Confindustria
Campania.
“Esprimiamo grandi perplessità sulla politica monetaria restrittiva come strumento per
contrastare la dinamica inflazionistica in atto – afferma Lampugnale – anche perché stiamo
vivendo una inflazione da costi e non da eccesso di domanda: c’è una differenza sostanziale
cioè tra l’inflazione degli Stati Uniti, dovuta a un effettivo aumento della domanda, e quella
europea legata invece essenzialmente al caro energie e materie prime. In queste condizioni, l’aumento dei tassi di interesse può contenere l’inflazione solo se imprime una significativa svolta recessiva che però finisce inevitabilmente con il mettere in difficoltà imprese e cittadini. Non possiamo, evidentemente, augurarci una cosa del genere. Occorrerebbero strumenti ben diversi, a iniziare dal price cap sul gas, facendo prevalere l’interesse comune dell’Europa rispetto a quello dei singoli Stati membri”.
“In questo contesto difficile – continua il vicepresidente nazionale e presidente regionale
Campania di PI Confindustria – l’unica grande opportunità di crescita resta il Pnrr, che vede nel Mezzogiorno un’area chiave per l’attuazione degli interventi di sviluppo. Il Sud continua a manifestare una grande fragilità, ma va detto che la Campania e le altre regioni meridionali hanno retto finora tutto sommato bene: gli effetti negativi della pandemia hanno avuto infatti una intensità minore rispetto al resto del Paese grazie alla propria specializzazione produttiva più concentrata in comparti meno colpiti dalla crisi, come ad esempio agroalimentare e costruzioni”.
Quanto al migliore utilizzo dei fondi Pnrr, Lampugnale conclude osservando che “bisogna
innanzitutto ridurre al minimo le stazioni appaltanti, stimate attualmente in oltre 30mila;
semplificare contestualmente il percorso burocratico amministrativo del Pnrr; realizzare un
piano straordinario di reclutamento in numero sufficiente di professionisti qualificati e
selezionati in grado di presentare i progetti degli enti pubblici e di farli camminare in linea con le tecnicalità richieste da Bruxelles”.
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