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Povertà, aumenta il numero di famiglie bisognose (VIDEO)

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POZZUOLI – E’ un rapporto nel quale emerge preponderante la nuova povertà composta prevalentemente da famiglie. La Delegazione Regionale Caritas e la Fondazione Migrantes hanno presentato i dati inerenti al 2016 dove risulta un aumento di oltre mille persone, ad oggi più di dodicimila, che si sono rivolte ai centri di ascolto.

A pesare soprattutto la disoccupazione ma anche le crisi familiari quali vedovanza, separazioni e divorzi. Oltre il 90% le persone con un domicilio, mentre resta costante il numero dei senza fissa dimora. Tra i primi problemi la povertà, più che doppia nel Mezzogiorno rispetto al dato italiano. A spiegare i dati il curatore Ciro Grassini, della Caritas di Pozzuoli.L’arcivescovo metropolita di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, è intervenuto sui dati riguardanti le nuove esigenze.Per quanto riguarda i migranti crescono il numero dei giovani iscritti nelle scuole italiane e anche di coloro che riescono a crearsi una propria attività lavorativa. Su questo fronte la Caritas si concentra soprattutto sulla cultura dell’accoglienza, come spiega il delegato regionale Carlo Mele.

 

Il Dossier Regionale sulle Povertà 2016 in Campania è una pubblicazione realizzata dalla Delegazione regionale da oltre 10 anni, per dare una voce ed un volto ai tanti poveri che ogni giorno si rivolgono ai servizi delle Caritas diocesane.I dati del Dossier 2016 hanno messo in evidenza, ancora una volta, l’aumento del numero di utenti dei Centri di Ascolto che sono passati dagli 11.444 del 2014 ai 12.266 del 2015. Se questo dato non dimostra di per sé un aumento delle situazioni di povertà, evidenzia però che il bisogno di ricorrere all’aiuto dei Centri di Ascolto cresce di anno in anno. Come già sottolineato in altre occasioni dalla Delegazione regionale della Campania, l’azione di sostituzione che la Caritas porta avanti rispetto a quelli che sono i compiti delle istituzioni, diventa ogni giorno più gravosa: il ruolo degli enti ecclesiali dovrebbe essere quello di vicinanza alle persone, non certo di supplenza allo Stato.La condizione occupazionale più diffusa tra coloro che si sono recati ai CdA campani è quella di disoccupato, che riguarda il 72,0% degli utenti nel 2015. I tassi ufficiali di occupazione confermano questo dato ed evidenziano un’Italia divisa a metà, con un Mezzogiorno (42,5%) che presenta valori inferiori rispetto al Centro-Nord (63,8%) di oltre 20 punti percentuali. In questo contesto la Campania (39,6%) fa ancora peggio della media delle regioni meridionali con un’incidenza del tasso di occupazione totale inferiore di 3 punti, e con un tasso di occupazione femminile (27,4%) che risulta il più basso in assoluto a livello nazionale.La maggioranza degli utenti vivono in nucleo con propri familiari o parenti (72,5% nel 2014; 70,5% nel 2015). Dall’analisi della stato civile emerge che tre persone su quattro hanno avuto in essere un matrimonio, anche se attualmente solo la metà di esse risulta ancora sposata. La differenza risiede nei casi di cosiddetto “nucleo spezzato”: vedovanza, separazione legale e divorzio, tutti legati alla fine di un matrimonio. L’incidenza di queste tre categorie raggiunge nel 2015 il 23,4%.Hanno un domicilio oltre nove utenti su dieci anche se molto spesso vivono in abitazioni precarie ed inadeguate. Questo dato conferma quella povertà familiare poc’anzi sottolineata, in cui le situazioni di totale esclusione sociale hanno una bassa incidenza, giacché predomina un profondo disagio sociale. Questo diffuso disagio è confermato dai dati economici regionali che mostrano che la Campania ha un reddito pro capite pari a 17.077 euro che equivale appena al 63,4% di quello italiano (26.946 euro).Lo svantaggio per le famiglie è ancor più evidente laddove cresce la loro numerosità: già relativamente al dato complessivo italiano, emerge che se la famiglia è composta da 2 persone l’incidenza della povertà assoluta è del 3,8%, se invece raggiunge o supera i 5 componenti si arriva al 17,2%. La presenza di figli minori si dimostra poi un sovraccarico significativo. Cresce l’incidenza di quelle con 2 figli minori (9,0% nel 2014; 11,2% nel 2015) e si conferma l’enorme divario laddove vi sono almeno 3 o più figli minori (18,6% nel 2014; 18,3% nel 2015), con percentuali doppie e triple rispetto alle altre tipologie.Per quanto concerne la cittadinanza, la componente italiana (61,6% nel 2014; 61,0% nel 2015) continua a rimanere prevalente nel 2015 ma, per la prima volta dal 2008, anno di inizio della crisi economica, la percentuale degli stranieri è tornata a crescere.Relativamente ai bisogni degli utenti, occorre sottolineare che molti sono in condizione di multiproblematicità. La problematica più comune è la povertà economica (67,9%). A riguardo i dati relativi alla povertà assoluta dimostrano significative differenze a livello territoriale tra le famiglie italiane (Nord 5,0%; Centro 4,2%; Mezzogiorno 9,1%). Ancor più evidente è la sperequazione se si analizza la povertà relativa: il dato per le famiglie nel Mezzogiorno (23,6% nel 2014 – 23,5% ne 2015%) è infatti più che doppio rispetto a quello italiano (10,3% nel 2014 – 10,4% nel 2015) ed addirittura quadruplo rispetto a quello nel Nord (4,9% nel 2014 – 5,4% nel 2015).Con questi dati occupazionali e di conseguenza di povertà assoluta e relativa, è evidente che i percorsi di disagio più comuni partono da un lungo periodo di disoccupazione che per qualcuno è una realtà effettiva della propria vita da sempre. A questo fanno seguito gravi difficoltà economiche a cui si aggiunge in molti casi anche la precarietà abitativa. In passato, lavorativamente, queste persone riuscivano almeno ad “arrangiarsi”, oggi questo diventa sempre più difficile.Le richieste principali riguardano beni materiali quali viveri e vestiario, nonché lavoro e sussidi economici per il pagamento di utenze e fitti. Dal 2014 è diminuita la richiesta di lavoro, ma questo fenomeno riguarda solo gli italiani, che sembrano aver mutato il loro approccio ai Centri di Ascolto con richieste a carattere soprattutto assistenziale, giacché modulano la domanda in base a ciò che ritengono possano ottenere. Dall’analisi dei dati relativa agli interventi emerge una soddisfacente capacità di risposta da parte dei Centri di Ascolto per tutte le problematiche, eccetto per quella lavorativa, che del resto non è la mission della Caritas. Addirittura per la distribuzione di beni materiali la risposta è superiore alla domanda.L’ultimo capitolo del dossier è dedicato a quanto realizzano le diverse Caritas diocesane della Campania per rispondere ai bisogni emergenti dal territorio. Sono presentate 36 Opere segno diocesane che dimostrano l’effettiva volontà di prossimità e progettualità che sempre, comunque, contraddistinguono l’agire Caritas.

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