POZZUOLI – La Lettera pastorale di monsignor Gennaro Pascarella, vescovo di Pozzuoli, “Donarsi… il nuovo modo di essere, a Natale”, offre una meditazione sul mistero dell’Incarnazione del Signore nella storia dell’umanità, e anche di ogni singola persona.
«In questo tempo di crisi sanitaria, economica e sociale, a causa della pandemia – sottolinea monsignor Pascarella – è stato sconvolto il modo usuale di fare pastorale come di insegnare, lavorare, divertirsi e soprattutto relazionarsi. Siamo costretti a inventare modalità nuove, altrimenti precipiteremo in una stasi che mummifica».
Il vescovo ci ricorda che “Dio da Signore si è fatto servo per farci superare la schiavitù del peccato e della legge e conferirci la libertà dei figli di Dio”, riprendendo le parole di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Il presule richiama Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), che scrive: “Il Salvatore divenne uno di noi, perché divenne uno con noi. E da ciò deriva che siamo tutti fratelli”. In particolare, mette in luce la forza dell’Eucarestia, “nella quale si contempla e rivive l’umiltà-povertà dell’Incarnazione, che san Francesco d’Assisi vedrà realizzata in pienezza nella Passione e Morte di Gesù”.
«Celebrare il Natale – conclude monsignor Pascarella – è rimettere a fuoco la nostra umana dignità e quella di ogni uomo e donna, al di là delle differenze di lingua, di nazione, di religione, di cultura. Il Figlio di Dio, divenuto uomo come noi, nostro fratello, lo rimarrà sempre, indicandoci la fraternità come via per costruire un mondo più a misura d’uomo, in cui regni la pace, la giustizia, la solidarietà, il dialogo. Celebrare il Natale è condividere la sofferenza degli altri, in particolare degli ultimi. Celebrare il Natale è entrare nella “logica del dono”, nella “cultura del dare”».
Partendo dalla considerazione di questo tempo di pandemia come “tempo di crisi e di nuove opportunità” allo stesso tempo, e ponendosi alla scuola della “teologia vissuta” dei santi, la Lettera evidenzia, quindi, come l’Incarnazione ci apra alla logica del dono di sé stessi. Anche in mezzo alle difficoltà, l’ultima parola è dunque una parola di speranza che apre a un “nuovo inizio”.