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Terremoto all’alba nei Campi Flegrei: magnitudo 3.4

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POZZUOLI – Nuova scossa di terremoto questa mattina all’alba nei Campi Flegrei.

Il sisma di magnitudo 3.4 é stato registrato dai sismografi dell’ INGV nella zona dei Gerolomini a una profondità di un Km alle ore 4.33. Seguito poi da altri due eventi alla 4.37 e alle 5.19 di 1.3 e 1.4 di magnitudo.

Nessun danno si registra a cose e persone anche se l’evento tellurico é stato nitidamente avvertito dalla popolazione che una volta svegliata ha postato sui social ansia e paura

Erano ore che nella zona della Solfatara era in atto uno sciame sismico.

LE PAROLE DI MAURO DE VIVO DELL’INGV

“Gli studi ci spiegano come nei Campi Flegrei si muove il magma, guardando tutti i dati insieme, deformazione suolo, sismicità, geochimica. La sorgente di sovrapressione che porta a una spinta per la deformazione delle rocce è a 4 chilometri di profondità, e riguarda il gas; il magma è attualmente a una profondità di 5-6 chilometri, rispetto agli 8 di partenza”.Così Mauro Di Vito, direttore dell’Osservatorio sul Vesuvio e sui Campi Flegrei dell’Ingv, commenta i nuovi dati emersi dallo studio di Flora Giudicepietro, primo ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano, autrice di “L’accelerazione della deformazione rocciosa superiore e la sismicità della caldera dei Campi Flegrei nel periodo dal 2000 al 2023”.
“La sorgente della spinta per la deformazione della roccia – spiega Di Vito – sarebbe localizzata intorno a 4 km. E’ una emissione molto forte di gas dal sottosuolo, siamo arrivati a 5000 tonnellate al giorno di anidride carbonica nell’area solfatale, un valore enorme. Servirebbe un degassamento magmatico che può avvenire però solo se diminuisci la pressione sul magma. La distanza dalla crosta è cambiata arrivando a 4 chilometri, ricordando però che il gas sale prima, il magma è più profondo”.

“La fratturazione che continua nella roccia porta a un decremento delle caratteristiche della crosta e quindi, poi, all’apertura eventuale di fratture più ampie che danno spazio ai gas, che trovano vie preferenziali e sono le prime sostanze che risalgono. Si tratta di un fenomeno che è molto importante monitorare”, prosegue Di Vito. “Seguire tutti i processi – spiega il direttore dell’Osservatorio vesuviano – con i migliori strumenti che si hanno a disposizione consente di capire sempre meglio le caratteristiche di ciò che avviene, la dinamica e il suo evolversi. Sappiamo che c’è una grande differenza tra il bradisismo del 1980 e del 1984 e quello cui assistiamo oggi. Quello è stato un processo molto rapido, una deformazione più veloce, mentre adesso è tutto un po’ più lento. In più rispetto a 40 anni fa abbiamo sicuramente sistemi molto più accurati, molto più sensibili che ci restituiscono tanti dati che prima non erano disponibili”. Di Vito parla infine dei tempi dei processi vulcanici, sottolineando che “noi abbiamo previsioni rispetto ad altri fenomeni naturali, ma sui vulcani abbiamo molte meno informazioni. Basti pensare che ai Campi Flegrei abbiamo solo i dati di una eruzione avvenuta in epoca storica romana, ottenuti attraverso gli scritti di Plinio il Giovane che scrive a Tacito 19 anni dopo l’eruzione del 79”. (ANSA).

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