NAPOLI – È un intenso periodo di attività per il progetto europeo LIFE Pinna, Conservation and re-stocking of the Pinna nobilis in the western Mediterranean and Adriatic sea, che punta a proteggere, monitorare e recuperare le popolazioni sopravvissute della nacchera di mare, Pinna nobilis, il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo che negli ultimi anni è stato decimato da un’epidemia.

 

Il 5 ottobre sono stati annunciati i vincitori del concorso fotografico “Vita tra gli scogli”, lanciato da Triton Research nel corso dell’estate, per raccontare la biodiversità che ancora si può trovare sui fondali del nostro mare. La selezione non è stata semplice, perché sono arrivate molte immagini interessanti, anche di specie non banali. Al primo posto si è classificato Alessandro Grasso (Genova), con uno scatto speciale che immortala una bavosa (Parablennius gattorugine), che si sporge dalle valve di una Pinna nobilis morta. L’immagine è di eccellente qualità, è creativa e documenta un comportamento interessante di questi pesci, che spesso utilizzano come rifugio ciò che incontrano sul fondale.

Il secondo posto è di Aldo Boglia (Milano), con il pesce “re di triglie” (Apogon imberbis), che incuba in bocca le uova ricevute dalla femmina. L’immagine è speciale perché documenta un caso di cure parentali molto particolare, che coinvolge i maschi di questa specie.

Sul terzo gradino del podio è salito Alberto Colletti (Napoli), con le bavose pavone (Salaria pavo) in una pozza di scogliera ritratta a mezz’acqua, immagine perfettamente attinente al tema del concorso e molto difficile da realizzare. Una menzione speciale va poi ad Andrea Sabino, con il suo “cimitero” di Pinna nobilis, e a Edoardo Casoli per la sua giovane Pinna nobilis che emerge da una prateria di Posidonia oceanica: un bel segnale di speranza.

 

Nemmeno il tempo di concludere il concorso fotografico, ed ha già preso il via un’importante iniziativa di citizen science: i ricercatori, infatti, hanno lanciato la campagna “Segnala la Pinna!”, con cui i comuni cittadini che hanno a cuore la biodiversità possono contribuire a trovare esemplari ancora vivi del grande mollusco bivalve.  La campagna coinvolge subacquei, diportisti e semplici appassionati della natura e viene realizzata in collaborazione con Outbe e Fondazione IMC, due importanti realtà nel campo delle attività outdoor e della ricerca scientifica applicate alla tutela dell’ambiente.

 

Come funziona? Da oggi chiunque pensi di avere individuato un esemplare vivo potrà fare una segnalazione compilando il breve questionario presente sul sito di lifepinna.eu. Nel form, oltre a rispondere ad alcune semplici domande per individuare correttamente la specie, si potranno anche caricare le fotografie e i video girati sott’acqua e inserire il punto geolocalizzato dove è stata avvistata la Pinna. Ogni segnalazione di individui vivi, importantissima per aumentare le possibilità di sopravvivenza della specie e per studiare le loro capacità di adattamento a livello genetico ed ecologico, sarà poi verificata dagli scienziati del progetto LIFE Pinna. Per quelle che si riveleranno più utili sono previsti premi sotto forma di libri, gadget e la possibilità di visitare i laboratori di ricerca coinvolti del progetto.

 

Che la caccia al tesoro abbia inizio!

 

IL PROGETTO LIFE PINNA

Il progetto quadriennale LIFE Pinna (LIFE20 NAT/IT/001122 PINNA “Conservation and re-stocking of the Pinna nobilis in the western Mediterranean and Adriatic sea”), iniziato a ottobre 2021 e supportato dallo strumento finanziario per l’ambiente dell’Unione Europea LIFE, punta a proteggere e monitorare le popolazioni sopravvissute della nacchera di mare, Pinna nobilis, ma anche a recuperare la specie nei suoi habitat di riferimento. Uno degli obiettivi, infatti, è proprio riuscire a riprodurre il mollusco in cattività, utilizzando procedure pionieristiche, sperimentate per altre specie di molluschi ma mai prima d’ora con Pinna nobilis. Il progetto è pensato per essere poi replicato in altri contesti, grazie alla messa a punto di buone pratiche per tutte le fasi, dal monitoraggio all’allevamento in cattività, fino alla reintroduzione in natura. Sono quattro le regioni italiane interessate dallo sviluppo del progetto (Liguria, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Toscana, oltre alla regione di Obalno-kraska, in Slovenia) e sette gli enti coinvolti: ARPAL (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Liguria, capofila del progetto), il Parco nazionale dell’Asinara, il NIB – Istituto Nazionale di Biologia Sloveno, la Società Cooperativa Shoreline, l’Università degli Studi di Genova e l’Università degli Studi di Sassari e la società Triton Research, responsabile delle attività di comunicazione e sensibilizzazione.

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