porzio

NAPOLI – A tutti coloro che mi hanno chiesto qual è il mio stato d’animo dopo il nuovo Dpcm del Governo, ho risposto: sono disorientato. E preoccupato.

Come imprenditore, come sportivo, come genitore, come uomo.

Sì, perchè quest’autentica mazzata che ci è piovuta tra capo e collo non riguarda soltanto l’aspetto economico, ma anche quello sociale. Non riguarda soltanto lo sport, ma anche il futuro di tutti noi, dei nostri figli.

Come imprenditore sono disorientato perchè il Dpcm che ha chiuso le porte delle nostre piscine è soltanto la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo, che ha iniziato a riempirsi a marzo con il lockdown. In quei tre mesi di stop gli impianti non solo hanno perso la totalità degli incassi, ma noi gestori – per fronteggiare gli impegni nei confronti dei dipendenti – abbiamo dovuto chiedere finanziamenti alle banche solo in minima parte coperti dai magri contributi ricevuti dal Governo.

E, quando il lockdown è terminato, abbiamo deciso di andare avanti pur sapendo che la situazione d’emergenza sarebbe continuata. Infatti, causa la giustificata preoccupazione della gente per il Covid, gli impianti sportivi hanno perso il 60% dell’utenza. Perdite alle quali vanno aggiunte tutte le spese per la sanificazione.

E siamo giunti a metà ottobre. Benchè le piscine avessero già dato ampia dimostrazione a tutti di essere il luogo più sicuro dove fare sport, è arrivato l’ultimatum del Governo: avete sette giorni di tempo, al termine dei quali vi chiuderemo se non siete in regola.

I sette giorni sono trascorsi, sono arrivate in piscina le ispezioni dei Nas ed il responso è stato unanime: tutte le piscine d’Italia sono ok.

Allora possiamo continuare? No, il Governo ha detto che dobbiamo chiudere.

Ma perchè, se è tutto è in regola? E perchè ci avete dato quei sette giorni di tempo se avevate già preso la decisione di chiudere tutto? Una presa in giro.

E’ così che il Governo premia l’onestà, la disponibilità, tutti i sacrifici – economici e organizzativi – che abbiamo sostenuto per consentire alla popolazione di fare sport?

Tutte le discipline che fanno capo alla Fin, sono in ginocchio. E – cosa ancor più grave – tutti coloro che lavorano nel mondo dell’acqua clorata sono in grande difficoltà. E a questa difficoltà, cominciata all’inizio del lockdown, adesso si è aggiunta la preoccupazione per il futuro delle loro famiglie.

La pallanuoto, poi, merita un capitolo a parte. L’hanno sempre definita uno “sport minore”. Io ho sempre rifiutato quest’etichetta, prima come giocatore poi come presidente di società. Ebbene, con questo Dcpm finalmente sono riusciti a farla diventare di fatto uno sport minore.

Ci danno la possibilità di giocare i campionati, ma chiudendo le piscine ci hanno tolto le risorse economiche per disputarlo. Un’altra beffa, che si ripercuoterà a livello di nazionali. Non potremo fare attività di base, non potremo più insegnare la pallanuoto ai giovanissimi, e contemporaneamente non avremo più le risorse economiche per crescere, così come abbiamo fatto finora, le nostre formazioni giovanili. Rischia di essere bruciata un’intera generazione di pallanuotisti, Settebello e Setterosa ne pagheranno le conseguenze alle Olimpiadi del 2024 e in quelle successive. Ammesso che riescano a qualificarsi.

Ma non siamo i soli ad aver subito un grave torto, un’evidente ingiustizia. Hanno chiuso anche i cinema, i teatri, i luoghi della cultura. Ecco perchè, oltre ad essere disorientato come imprenditore, sono preoccupato come uomo e genitore. Si sta innescando un meccanismo pericoloso che sta spingendo sempre più i nostri figli verso l’ignoranza, verso le poltrone di casa a smanettare sui cellulari, a guardare in tv il calcio, ancor più signore e padrone unico del panorama sportivo nazionale, anche se oggi è sempre più difficile definire sport quello che da sempre io ho considerato un business.

Che dobbiamo fare?
Sono disorientato e preoccupato, ma nella mia vita di sportivo non mi sono mai arreso e non lo farò neanche oggi. Sono io, adesso, a dare un ultimatum al Governo: deve, in tempi brevissimi, assicurare allo Sport – che è ormai in ginocchio – finanziamenti adeguati per sostenerlo, per impedire che cada rovinosamente. Occorrono almeno 5 miliardi.
Saranno soldi ben spesi: lo Sport è vita, è salute, è il futuro dei nostri figli.
Se gli aiuti non arriveranno? Beh, allora ci sarà una sola cosa da fare per noi uomini di Sport: prendere le chiavi degli impianti e, tutti insieme, depositarle a terra davanti a Palazzo Chigi.

Che ci pensi direttamente il Governo ad andare avanti, se ci riesce.

Lasceremo anche i numeri dello Sport, così si chiariranno le idee:

20.700.000 praticanti abituali
4.800.000 atleti tesserati per federazioni sportive e discipline associate
1 milione di operatori sportivi tra cui:
257.000 tecnici
18.244 dirigenti federali
560.460 dirigenti societari
117.932 ufficiali gara
63.517 società
150.000 impianti sportivi, comunali e privati

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