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BRUSCIANO – Dopo Caivano, a Brusciano lo spaccio più fiorente. Piazze di spaccio organizzate in turni rigidi e precisi, pusher che tardavano al cambio venivano “licenziati”

Residenti delle palazzine privati delle chiavi dei portoni, nessuno poteva aprire o entrare senza autorizzazione.

Per delega del Procuratore della Repubblica di Napoli, si comunica che dalle prime luci dell’alba i Carabinieri della Compagnia di Castello di Cisterna stanno eseguendo un’ordinanza cautelare emessa dal G.I.P. di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, nei confronti di 41 persone (35 in custodia cautelare in carcere e 6 in divieto di dimora nella regione Campania), gravemente indiziate di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Le indagini, condotte dal nucleo operativo e radiomobile di Castello di Cisterna e coordinate dalla DDA di Napoli hanno consentito di documentare l’operatività di un’associazione facente capo al clan “Rega Piacente”, dedita al traffico di sostanze stupefacenti e operante nel rione popolare della “219” di Brusciano.

Ricostruita l’organizzazione delle piazze di spaccio distribuite in varie scale del rione, ognuna con una struttura gerarchica piramidale composta da capo-piazza, spacciatori e vedette, per ciascun tipo di stupefacente venduto (marijuana, hashish, crack e cocaina).

Attività fiorente, seconda solo all’area di Caivano.

Elevato il livello organizzativo delle “piazze”, attive anche 24 ore al giorno, con pusher che venivano impiegati su turni di lavoro di 8/10 ore al giorno.

Rigidissimo il sistema di cambio turno. Durante le indagini, i carabinieri hanno rilevato che presentarsi in ritardo al cambio turno poteva comportare anche il “licenziamento”. Circostanza documentata per uno dei pusher, allontanato per un ritardo di 30 minuti.

Ogni “shop” era dotato di un preciso quantitativo di droga, fornito dal capo-piazza di volta in volta al pusher ad ogni inizio turno, insieme ad una ricetrasmittente. Uno strumento fondamentale per essere immediatamente informati in caso di eventuali controlli delle forze dell’ordine.

Come per altre realtà criminali, i sodali lanciavano l’allarme gridando “Marco! Marco!”, permettendo una rapida fuga all’arrivo dei militari.

Le indagini hanno dimostrato come l’attività di spaccio fosse pressante, al punto da modificare le abitudini dei residenti, estranei al clan. Nessuno dei condomini delle palazzine della 219 poteva disporre delle chiavi dei portoni d’ingresso. Anche i citofoni erano stati rimossi per evitare l’apertura da remoto dei portoni senza autorizzazione.

La vendita di droga avveniva anche in presenza di bambini, con “con devastanti effetti sulla formazione culturale e delle coscienze”.

L’indagine, tra le altre cose, ha consentito di effettuare numerosi sequestri di sostanza stupefacente, di ingenti somme di denaro provento dell’attività illecita, nonché l’arresto in flagranza di reato di circa 30 persone.

Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari di essa, in quanto persone indagate, sono da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva. Arrestata anche l’ultima persona che mancava all’appello.

Durante il blitz di questa mattina i carabinieri hanno arrestato in flagranza Raffaele De Donato, 23enne. È stato sorpreso nei pressi dell’androne di una palazzina del rione 219. Nella porta era stata ricavata una feritoia utilizzata verosimilmente per passare ai “clienti” la droga.
Addosso aveva 353 dosi di crack, 12 di marijuana, 11 di hashish e 420 euro in contante.

Nelle aree comuni, invece, i carabinieri hanno rinvenuto 1 chilo di cocaina, 474 grammi di crack da tagliare e 790 dosi della stessa sostanza. E ancora 10 bustine di marijuana

Le palazzine della “219” di Brusciano erano state trasformate in una efficiente azienda della droga, gestita dal clan Rega – Piacente, dove ogni dettaglio veniva controllato e si poteva trovare tutto: cocaina, marijuana, hashish e crack. Le varie scale del rione popolare erano diventate di fatto proprietà del gruppo criminale: i residenti non avevano le chiavi dei portoni, per entrare e uscire dovevano chiedere il permesso a chi era “di turno”.

 

Anche i citofoni erano stati rimossi, in modo da evitare l’apertura dall’interno delle abitazioni. Lo spaccio avveniva seguendo una rigida struttura gerarchica replicata per ogni tipo di stupefacente trattato: al vertice della piramide c’era il capopiazza, sotto di lui gli spacciatori e alla fine le vedette.

 

Le piazze di spaccio erano attive anche 24 ore al giorno, per coprire l’intera giornata gli spacciatori venivano impiegati su turni di otto e dieci ore. E il cambio turno era rigidissimo, presentarsi in ritardo poteva anche comportare il “licenziamento”. Come era successo ad uno spacciatore che, arrivato mezz’ora dopo, era stato allontanato e sostituito.

 

 “La parola d’ordine è: senza tregua. Lo Stato non deve fermarsi-come avvenuto in passato- in questa guerra a clan e piazze di spaccio e stavolta bisogna vincerla. Per conquistare ‘punti importanti’ occorre capire che arresti e smantellamenti dei market degli stupefacenti non bastano ma occorre un lavoro più profondo, radicale, certosino e continuativo nel tempo. Bisogna tranciare quei legami camorra-mala politica e pubblica amministrazione e rompere il muro di omertà di cui le organizzazioni criminali si nutrono. Questo muro è stato tirato su anche con la malta dell’indifferenza delle Istituzioni nei confronti dei disagi sociali delle zone a rischio. Si rifletta su questo.”- le parole  del  deputato dell’alleanza Verdi-Sinistra Francesco Emilio Borrelli.

 

 

 

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