NAPOLI (Di Anna Calì) – “Je e te”, poche parole che riassumono tanto. Quando a Napoli si utilizzano queste 3 parole si va a racchiudere un’infinità di cose. È un inno alla forza, all’amore e al saper combattere affrontando insieme tutte le cose. Facilmente accostabile alla celebre frase di Titanic: “se salti tu, salto anch’io”, è questo che succede quando si menziona “io e te”, due persone che hanno vite diverse, abitudini differenti, eppure, si uniscono per creare un legame forte. “Je e te” non è soltanto però rivolto alle coppie, è anche un intercalare usato nelle famiglie, quando un figlio vuol dare la forza ai propri genitori o viceversa. Ed è proprio così che si chiama l’ultimo singolo di Okaynevada “Je e te”, un singolo urban che va a mescolarsi con le radici napoletane. Un titolo che può essere definito anche un gioco di poesie e di forze, un racconto che si alterna tra il “per sempre” e il “forse”.

Salve Andrea, vuol parlarci un po’ del nuovo singolo? 

“Je e te è il nostro nuovo singolo uscito il 12 gennaio, è il secondo progetto di Okaynevada. Un duo formato da Vincenzo e Andrea.  Con questo brano abbiamo voluto raccontarci un po’, il nostro obiettivo con la musica è quello di comunicare ma soprattutto ci divertiamo a unire le nostre storie, perché pensiamo che tramite esse sia possibile sintetizzare e trasmettere un’unica cosa, nonostante io e Vincenzo abbiamo due vite totalmente diverse con esperienze differenti. Je e te, è una canzone d’amore, parla di una storia d’amore confusa e confusionaria ha questo ritornello in napoletano che non è altro che un collegamento con la nostra terra. Noi siamo di Torre del Greco. Inoltre, però si parla anche dei rapporti umani e di quanto essi siano instabili, soprattutto per quanto riguarda la capacità di comunicazione che esiste tra le persone e che va a contraddistinguere la nostra generazione”.

Perché secondo lei, oggi c’è un’incapacità nel comunicare?

“Penso che oggigiorno ci sia un’altra forma di superficialità nei rapporti. I mezzi che abbiamo a disposizione ci permettono di essere iperconnessi e di stare al passo con l’informazione e la comunicazione e, questo ci fa perdere la linea guida dell’esistenza, ci scollega. Siamo in parte molto deconcentrati e ormai puntiamo molto più sulla quantità anziché sulla qualità, questo accade sia per i rapporti umani che non. Anche quando leggiamo una notizia online, ci limitiamo soltanto a leggere il titolo e le prime parole iniziali, senza più soffermarci sull’articolo in sé. Penso che stiamo perdendo proprio il modo di “approfondire” le cose. Dovremmo imparare a saper controllare l’informazione mediante i social e ciò non significa che dobbiamo per forza tornare al cavallo (ride n.d.r). Stiamo perdendo un po’ di umanità a favore di un progresso tecnologico. Spero si tocchi una sorta di punto di non ritorno e che possa esserci un fenomeno ciclico e che esso possa permetterci di far ritornare a concepire i rapporti come accadeva una volta. Questo fenomeno accade anche nella musica, tutti siamo improntati sull’iperconsumismo”.

Come nasce il rapporto con Vincenzo e il nome OkayNevada?

“Il rapporto con Vincenzo nasce nel 2020, conosciuto grazie ad amici di amici e inizialmente ci siamo un po’ “evitati”. Nei primi due anni non ci siamo mai presi in considerazione più di tanto, poi una sera iniziammo a parlare e ci ritrovammo ad affrontare l’argomento musica, il pop, l’urban e chi ascoltavamo e da lì abbiamo scoperto di avere tante cose in comune. Dal 2022 abbiamo iniziato a collaborare, scambiandoci idee, io aiutavo lui a scrivere canzoni e lo stesso faceva lui con me. Questo ci ha permesso di crescere e, poi nel tempo, ci siamo ritrovati ad accumulare canzoni che volevamo cantare insieme e da lì è nata l’idea del duo. Nel 2023 abbiamo lanciato il progetto OkayNevada e, anche qui c’è una storia particolare: all’inizio dovevamo chiamarci solo Nevada, come lo stato Americano, soltanto che poi quando ci siamo ritrovati a dover aprire le pagine social, in particolare IG, il nome era occupato già e quindi abbiamo optato per aggiungere “Okay”, solo che poi, in seguito tutti hanno iniziato a chiamarci “OkayNevada” e anche agli eventi e i presentatori ci presentavano così. Il nome è stato scelto soprattutto dalle persone”.

Come nasce la passione per la musica?

“Vincenzo parte dalle scuole elementari e si è affacciato alla musica grazie al vecchio cantautorato italiano, mentre a me inizia verso i 10 anni, era estate e mio padre acquistò l’album di “The Purple, Made in Japan”, e da lì capì di voler fare questo. Ho suonato chitarra, chitarra elettrica e ho avuto il periodo in cui volevo fare solo rock poi mi sono indirizzato anche verso il pop.”

Pochi giorni all’inizio del Festival di Sanremo e con Geolier già abbiamo assistito a una polemica. Cosa pensi al tal proposito e cosa avrebbe potuto fare?

“Noi napoletani abbiamo questo rapporto con il napoletano, lo parliamo come fosse una seconda lingua però contemporaneamente nessuno lo insegna in maniera scolastica e quindi paghiamo il prezzo. Anche leggere il napoletano è difficile e nessuno mai ci dice come farlo. Non voglio prendermela né con l’uno né con l’altro. Forse però era il caso di arrivare con una giusta preparazione e farsi aiutare, vista l’importanza del palco”.

Gli Okaynevada pensano a Sanremo?

“Per ora lo guardiamo dal divano (ride n.d.r) . Penso che Sanremo sia quel sogno che ti infilano nella testa sin da bambino. Io ho dei ricordi di Sanremo quando avevo anche 5 anni, è una costante della vita e che non puoi farne a meno. Fa parte degli obiettivi ed è un sogno”.

Progetti futuri?

“Al momento noi pensiamo a portare le nostre canzoni al live, giriamo molto soprattutto nei dintorni e vogliamo creare un contatto con il pubblico. Ci teniamo molto alle esecuzioni dal vivo, bello ascoltare la musica rilassati a casa sul divano, ma a noi piace stare con un microfono davanti”.

Con chi ti piacerebbe o ti sarebbe piaciuto fare un duetto sia cantante napoletano che italiano?

“Parlo anche a nome di Vincenzo e penso che saremmo entrambi d’accordo su Pino Daniele, con il massimo dell’umiltà, s’intende. Mentre italiano, in generale, entrambi diremmo un Battisti, un Lucio Dalla. A noi piace questa roba “vintage” (ride n.d.r).”

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