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NAPOLI – La danza contemporanea “invade” il Teatro La giostra di Napoli, lo spazio multidisciplinare nei Quartieri Spagnoli, ospitando il primo appuntamento, venerdì 4 maggio 2018 alle ore 20.30 (repliche fino a domenica 6), con lo spettacolo Album (All Looking Behind Unlimited Mirrors) di Sara Lupoli, che firma coreografia e regia, oltre ad esserne interprete in scena con Marianna Moccia.

 

Presentato da Compagnia Körper (Napoli), PianoBe Artistic Research (Marseille) e Le Nuvole (Napoli), Album è un’investigazione corporea sul tema del doppio, condotta nei territori dell’intimità, in cui non c’è una vera e propria storia, ma la narrazione emerge dal susseguirsi d’immagini che descrivono le innumerevoli rappresentazioni di noi stessi.

E’ un percorso visionario a due, che trasforma fatti minimi della quotidianità in spunti di riflessione sui possibili modi in cui interagiamo con il nostro corpo. Un corpo che indossa lo spazio che abita e si lascia scoprire, uno spazio che diventa corpo in movimento e che attraversa, con lucida intenzione, anatomie di vita vissuta.

L’impulso è di celebrare differenti modi di intendere la dualità, in relazione al passato e al futuro, ma soprattutto al presente: un ‘doppio’ inteso come ombra e riflesso, che ci pone in relazione al divenire delle nostre rappresentazioni.

“Quando ho deciso di intraprendere questa ricerca – spiega Sara Lupoli – avevo l’esigenza di focalizzarmi su parti di me che in quel momento coesistevano, e che inevitabilmente coinvolgevo nelle scelte del quotidiano. Per cercare di arrivare a un’armonia, le voci che regnavano al mio interno andavano ascoltate, una per una, e descritte secondo il flusso che naturalmente prendevano”.

C’è un doppio relativo al ‘me’ interiore in relazione alla memoria che il corpo naturalmente conserva, e al ‘me’ opposto, che compare nelle scelta ciclica della maschera dell’attualità. Le dinamiche scaturite da queste interazioni fanno parte del motore di vita che costituisce l’essere umano, imprevedibili e non sempre intenzionali.

Questo dialogo, fisico o meno (intimo o collettivo) è un processo di comunicazione inevitabile, un flusso inarrestabile che permette la coesistenza di una pluralità di facciate.

Album è divenuto, durante la preparazione, frutto di una riflessione collettiva sullo stesso tema. Un’idea che si è infilata nei corpi di quanti vi hanno lavorato, nei loro sguardi e nel loro sudore, e che brucia come una miccia verso il presente.

“Un percorso bellissimo che si è scollegato da me – conclude la coreografa – per raggiungere anche l’Altro, perché è grazie alle relazioni che si innescano nel lavoro comune che è stato possibile indagare quesiti e produrre riflessioni”.

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