POMPEI – La chiusura improvvisa dei musei e dei luoghi d’arte ha di colpo compromesso l’attività lavorativa di migliaia di operatori della cultura – giovani e meno giovani – che hanno in questi mesi dovuto fare i conti con retribuzioni quasi dimezzate e con problematiche anche di sussistenza familiare crescenti.
E’ chiaro che dopo un periodo di grande sofferenza sociale ed economica che ha coinvolto l’intero Paese, la graduale riapertura dei musei e dei luoghi della cultura in generale non può che rappresentare un motivo di grande speranza per l’Italia, con l’auspicio che il comparto turistico sia incluso in tutti i piani di ripresa quale volano fondamentale per un rilancio tanto atteso, quanto necessario.
Non dimentichiamo i numeri di qualche mese fa che davano il segno di come i siti museali ed archeologici fossero divenuti attrattori mondiali, diffusori di bellezza e cultura e produttori di ricchezza che anche grazie all’impegno e alla professionalità dei lavoratori del settore hanno dato nuovo impulso a tutto il comparto”. Quella stessa “industria” che ancora oggi vede uno dei suoi fiori all’occhiello – il Parco Archeologico di Pompei – “lasciare a casa” – a rotazione – i circa 100 lavoratori di ALES s.p.a. (addetti all’assistenza al pubblico, restauratori, manutentori), quegli stessi lavoratori che hanno contribuito a costruire ed accrescere nel tempo e con grande sacrificio il prestigio a livello internazionale di un progetto di successo.
“A nostro avviso – spiega Giuseppe Silvestro, segretario generale della Uiltucs Campania, – è inaccettabile che proprio il tanto decantato Parco Archeologico di Pompei, che anche per motivi strutturali e logistici si presterebbe meglio e più facilmente al rispetto delle norme di sicurezza anti contagio previste, abbia riaperto solo parzialmente. Ancora più inaccettabile il fatto che proprio i lavoratori di ALES, tra i fautori di questo successo internazionale, siano ancora penalizzati e debbano fare i conti con riduzioni di attività e di retribuzione che minano la stabilità delle loro famiglie e mortificano la loro professionalità (come peraltro già evidenziato nell’incontro svolto con il MiBACT in data 17/06).
Facciamo pertanto appello al Ministro – conclude Silvestro della Uiltucs – perché intervenga con urgenza per affrontare e risolvere la questione, della quale francamente non si comprendono le motivazioni e che, a nostro giudizio, non può più essere rimandata”.