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Napoli, differenze e analogie tra il 4-3-3 di Spalletti e di Garcia

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Dopo il primo scorcio di stagione della nuova versione del Napoli targata Garcia, fatto già di tanti alti e bassi, si cominciano a delineare in modo netto i punti in comune e le differenze sostanziali rispetto alla corazzata schiacciasassi a cui abbiamo assistito nella scorsa stagione. 

Se gli uomini in campo sono più o meno gli stessi utilizzati da Spalletti lo scorso anno (salvo per il difensore centrale Kim, ceduto al Bayern Monaco), le prestazioni fornite dalla formazione partenopea non sono altrettanto di alto spessore. 

Questo lo si può notare osservando ad esempio le quote sulla squadra vincitrice della Serie A messe a disposizione dalle piattaforme di scommesse online che vedono il Napoli come la quarta forza del campionato alle spalle di Inter, Juventus e Milan. Passiamo, dunque, ad osservare più da vicino l’impronta tattica di Rudi Garcia e a confrontarla con quella di successo di mister Spalletti.

L’adattamento tattico

Soprattutto in avvio di stagione, pare che Rudi Garcia abbia faticato ad adattarsi al Napoli e il Napoli ad adattarsi a Garcia, perché in realtà gli azzurri erano reduci da una forte predisposizione e abitudine al possesso palla, tratto distintivo dell’impostazione data da Spalletti; l’allenatore francese, invece, nelle sue precedenti esperienze, ha quasi sempre puntato su un gioco fatto di difesa e contropiede.

Ricordiamo, infatti, la Roma di Garcia e Gervinho, ma anche il Lione che eliminò dalla Champions League la Juventus di Sarri; entrambe erano squadre molto attendiste e contropiediste, volte più alla stilettata che alla pioggia di azioni offensive.

A Napoli, quindi, sia allenatore che squadra hanno dovuto adattarsi reciprocamente; non è da escludere che l’intervento di De Laurentiis, avvenuto durante la seconda sosta dei campionati ad ottobre, sia stato fatto per creare una maggiore sinergia tra le due parti. Tant’è che i partenopei, dopo la sosta, sono partiti subito con una vittoria per 3-1 a Verona (rete di Politano e doppietta di Kvaratskhelia).

Tattiche a confronto: le differenze tra i due 4-3-3

Dunque, in realtà, le principali differenze tra i due 4-3-3 stanno nell’approccio: il Napoli di Spalletti era abituato ad avere un baricentro più alto e un atteggiamento aggressivo, Garcia viene invece da una scuola di pensiero più attendista e con un baricentro più basso. Non a caso lo stesso francese spesso, in conferenza stampa, cita l’importanza della fase difensiva, anche quando gli viene chiesto perché la squadra non segna tantissimo.

Fatto sta che la differenza tra le due gestioni tecniche la si può vedere soprattutto nei risvolti atletici e statistici, perché ciò che è stato più criticato in questo avvio di stagione al Napoli, è stato proprio il livello di aggressività nelle zone del campo e nelle marcature preventive (saltate, ad esempio, in occasione del contropiede subito contro l’Union Berlino).

Un altro impatto di questo cambiamento lo vediamo nel rendimento casalingo del Napoli, perché se la corazzata di Spalletti, dopo 38 partite di Serie A e 5 partite di Champions giocate al Maradona aveva raccolto 29 vittorie (67% del totale), 7 pareggi (16%) e 7 sconfitte (16%), il Napoli di oggi ha un problema tra le mura amiche: in un totale di 7 partite tra Serie A e Champions ha raccolto solo 2 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte.

Intanto, in occasione dell’inaugurazione della mostra “Un secolo d’azzurro”, Fabio Cannavaro, leggenda partenopea che non ha bisogno di presentazioni, predica una certa calma nei confronti di Garcia: “Non era facile sostituire un allenatore come Spalletti, bisogna lasciarlo lavorare e vedere alla fine i risultati”. E noi, a un campione del mondo e pallone d’oro, vorremmo anche crederci.

 

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