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NAPOLI – Si è parlato di ‘Corruzione e sistema penale integrato‘ durante la due giorni alla Federico II di Napoli. Il convegno, di respiro internazionale, si è svolto ad un anno dalla firma del Protocollo d’intesa anticorruzione, tra l’Università Federico II di Napoli, l’Autorità nazionale anticorruzione, la Procura generale presso la Corte d’Appello, l’Universidade de São Paulo e la Pontificia Universidade Católica do Rio Grande do Sul.

Ad aprire i lavori i saluti di Gaetano Manfredi, Rettore dell’Università Federico II. La prima sessione su ‘Il fenomeno nell’esperienza italiana ed in quella brasiliana‘ è stata presieduta da Lucio De Giovanni, Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza. Presenti Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Alfonso Furgiuele, professore di Diritto Processuale Penale, Josè Mauricio Conti, professore di Diritto delle Finanze Fdrp-Usp, Alessandro Jazzetti, sostituto procuratore presso la Corte d’Appello di Napoli, Henry John Woodcock, sostituto procuratore presso il Tribunale di Napoli, Domenico Ciruzzi, già vicepresidente dell’Unione delle Camere Penali. Conclusioni di Giuseppe Riccio, professore emerito di Procedura penale.L’azione di contrasto alla corruzione si basa sulla prevenzione – sottolineano gli organizzatori – ma la predisposizione di mezzi, ispirati ad una prospettiva di stretta impostazione penale, finisce per superare i limiti della legittimità ordinamentale. Pertanto, se, da un lato, si condivide il rafforzamento delle regole relative ai presupposti di integrità degli agenti pubblici, la rivisitazione della disciplina riguardante i codici etici, la previsione delle situazioni di incompatibilità, nonché l’identificazione dei limiti ai conflitti di interesse; dall’altro, non si possono nascondere le perplessità del giurista fedele ai principi dello stato sociale di diritto, in ordine a quegli interventi preventivi strutturati su atti prodromici alla corruzione, privi di disvalore fattualmente rilevante ed applicati fuori dall’area della giurisdizione di garanzia.Il problema, dunque, è comprendere fin dove si possa spingere la politica della prevenzione e quali siano i confini invalicabili, che condizionano l’ambito operativo delle misure alle quali essa ricorre.Di particolare pregio appare anche il contributo della comparazione relativa a Paesi come il Brasile, che presenta significative similitudini con l’esperienza italiana, per le modalità e per l’ampiezza del fenomeno. La qualificazione della delegazione brasiliana, composta da professori e magistrati, arricchisce un dibattito complesso e fornisce la possibilità per un dialogo proficuo nel solco dei principi di uno stato sociale di diritto e, dunque, della Democrazia.Per De Luca la lotta alla corruzione blocca l’Italia? Mi sono stancato di questi slogan basati sul nulla, fuori le prove”. Lo ha detto Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, rispondendo ai giornalisti che gli ricordavano le parole del presidente della Regione Campania che sabato aveva detto “con l’idea di combattere la corruzione stiamo bloccando l’Italia”.”Se De Luca ha ragione – ha aggiunto Cantone – lo dimostrasse, non so De Luca da dove abbia preso questa informazione, ma ripeto, se lui ha ragione lo dimostrasse, noi abbiamo dimostrato il contrario”.Pronta la risposta di De Luca: “Rappresento una Regione impegnata a fondo in un lavoro di riordino e di moralizzazione rigorosa nell’ambito delle proprie responsabilità e competenze. Rappresento una Regione che ha voluto stipulare, dall’inizio, un protocollo d’intesa con l’Anac, impegnandosi a sottoporre ad essa gli atti relativi alle materie ambientali e alle opere pubbliche”.

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