NAPOLI – “Il Vomero – esordisce Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari, già presidente della Circoscrizione -, nei libri sulla storia del capoluogo partenopeo, viene ricordato come la “Cinecittà di Napoli”, visto che, agli inizi del novecento, proprio nel quartiere collinare partenopeo si trovavano ben due stabilimenti di produzione cinematografica. La “Partenope film” fondata nel 1910 dai fratelli Troncone in una villetta posta in via Solimena, considerata la prima manifattura cinematografica napoletana, e la “Lombardo Film” , rilevata da Gustavo Lombardo e da cui sarebbe poi nata la “Titanus”, in via Cimarosa 186. A latere di questa attività di produzione, sempre al Vomero, cominciarono anche a proliferare le sale cinematografiche a partire dalla prima, l’Ideal, che sorse in via Scarlatti nel 1913 nei locali che attualmente ospitano il megastore Zara, alla quale ne seguirono ben altre sette, molte delle quali attualmente scomparse “.

“A distanza di oltre un secolo – afferma Capodanno -, perse da tempo anche le sue caratteristiche di quartiere agricolo, per la qual cosa veniva pure ricordato come “quartiere dei broccoli”, il Vomero si va sempre più caratterizzando quale “quartiere del fast food”, per il proliferare di questo tipo di attività, che oramai ha invaso piazze e strade dell’intero territorio amministrativo, con particolare riguardo alle isole pedonali di via Scarlatti e di via Luca Giordano che, in realtà, sono dei tratti di strada chiusi, ma solo sula carta, al traffico veicolare, dove sono spuntati come funghi attività per la vendita e la somministrazione di cibi e bevande, con strutture antistanti, costituite da gazebo, ombrelloni, tavolini e sedie che per occupazione superficiale sovente superano le dimensioni al coperto dei relativi esercizi. Un fenomeno, quello del proliferare delle attività di ristorazione che sta riguardano più di recente anche le piazze storiche della municipalità collinare , come piazza Vanvitelli, piazza Fanzago e piazza degli Artisti, che rappresenta l’ultima novità in materia “.

“Stamani, infatti – puntualizza Capodanno -, proprio un residente di piazza degli Artisti, mi ha inoltrato un video segnalando che in un abitazione posta al piano terra del fabbricato tra via Tino di Camaino e via Casale de Bustis, abitazione dotata di un’area adibita a giardino, erano in corso lavori che avrebbero comportato anche l’abbattimento di un’alberatura presente nel suddetto giardino per trasformarla nell’ennesimo bar “.

“Recatomi sui luoghi – sottolinea Capodanno – ho potuto effettivamente constatare che i lavori erano in corso e che dinanzi all’ingresso sulla piazza era presente uno striscione che annunciava la prossima apertura di una nuova attività “.

“Vero è – puntualizza Capodanno – che oramai, a seguito della crisi alimentata anche dalla pandemia, molte attività al minuto, esercitate in passato da commercianti di tradizione, che si tramandavano il testimone di padre in figlio, sono praticamente scomparse ma, anche per le implicazioni che comporta sul piano dell’ordine e della sicurezza pubblica, questa proliferazione sopradimensionata di attività legate ai pubblici esercizi, quali bar, ristoranti, pizzerie, paninoteche e quant’altro legato al settore mangereccio, crea non poche preoccupazioni pure per il forte richiamo che esercita su tanti giovani, i quali, specialmente nei fine settimana, invadono il quartiere collinare fino a notte inoltrata, con notevoli ripercussioni negative sulla vivibilità dei circa 120mila residenti “.

“Purtroppo – aggiunge Capodanno – questa vera e propria metamorfosi del più importante settore produttivo del Vomero, quello del terziario commerciale, con circa 1.600 punti vendita su un territorio di appena due chilometri quadrati, alcuni dei quali della grande distribuzione, è stata agevolata dalla latitanza delle istituzioni preposte, che invece avrebbero dovuto scendere in campo, per tempo, con apposite iniziative e provvedimenti, tesi, da un lato a salvaguardare le attività storiche e di tradizione, dall’altro a porre un limite a questa vera e propria invasone di attività di somministrazione di cibi e bevande, che, invece, trovano un ulteriore terreno fertile, anche nella tendenza diffusasi a seguito della pandemia, a tollerare l’occupazione di notevoli spazi sul suolo pubblico, dando luogo a un fenomeno che è stato ribattezzato “tavolino selvaggio”. Fenomeno, esteso a tutto il capoluogo partenopeo, che trova però punte inaccettabili in alcuni quartieri, come il Vomero e Chiaia, per arginare il quale sulla piattaforma change org è stata anche lanciata una petizione che ha già toccato circa mille sottoscrizioni “.

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