NAPOLI – Presentato oggi a Roma un Accordo di Legislatura fra le Associazioni pazienti aderenti al progetto “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” e i politici nazionali e regionali che oggi fanno parte degli Intergruppi parlamentari e consiliari del progetto. L’Accordo, in 15 punti, delinea un percorso assistenziale ideale per i pazienti oncologici e onco-ematologici ed è finalizzato a ottimizzare la loro presa in carico e cura.

«L’Accordo di Legislatura vuole essere una sorta di programma politico sulle patologie oncologiche – dichiara Annamaria Mancuso, Presidente di Salute Donna Onlus, l’Associazione pazienti che coordina il progetto “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” – dalle Reti Oncologiche alle Breast Unit, dallo psico-oncologo al Centro di Assistenza e Servizi, dal programma “Guadagnare Salute” sugli stili di vita alla lotta alle fake news, il paziente oncologico è oggi al centro di un universo che necessita di politiche attente e dedicate. Come Associazioni pazienti vigileremo affinché tutto ciò avvenga nel rispetto dei vincoli e della sostenibilità del nostro Sistema Sanitario».

Il documento sarà presto fatto pervenire sui tavoli di tutti i partiti che si presenteranno alle prossime elezioni legislative e regionali e sarà oggetto di discussione e di confronto con tutti gli attori del sistema salute.

«Questo Accordo contiene elementi di dibattito che sono costanti nell’universo dell’oncologia, ma ha il pregio della sintesi e della chiarezza negli obiettivi», dichiara Paolo Marchetti, Professore ordinario di Oncologia Medica, Direttore U.O.C. Oncologia Medica presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma.

«I PDTA, ad esempio, sono stati approvati in molte Regioni; tuttavia nella loro attuazione molto spesso si esauriscono in una definizione di mandato più che in una identificazione concreta di trattamento. Ciò per una serie di ragioni: l’assenza della figura dell’Oncology Case Manager, che sarebbe meglio definire Care Manager, cioè un soggetto dedicato all’applicazione pratica delle decisioni del PDTA, l’estrema frammentazione dei sistemi informatici, che rende pressoché impossibile ottenere una reale e qualificata attività d’integrazione delle informazioni, inficiando il risultato della discussione interdisciplinare. Tutto questo si può decisamente migliorare».

Secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il cancro è la principale malattia a livello mondiale con 14,2 milioni di nuovi casi nel 2012 e una proiezione di oltre 21,6 milioni del 2030. Secondo il rapporto AIOM/AIRTUM sono 369.000 i nuovi casi di cancro stimati nel 2017 (192.000 fra i maschi e 177.000 fra le femmine) ; le 5 neoplasie più frequenti nel 2017 sono quelle del colon-retto (53.000 nuovi casi), seno (51.000), polmone (41.800), prostata (34.800) e vescica (27.000). In Italia vivono oltre 3.300.000 persone affette dalla malattia, il 5% circa dell’intera popolazione italiana. Il tasso di sopravvivenza cresce ogni anno e oggi oltre il 60% dei pazienti raggiunge e può superare i 5 anni. Permangono purtroppo sul territorio nazionale notevoli disparità di trattamento dovute alle diverse gestioni delle singole Regioni, che determinano tempi e qualità della prestazione profondamente diversi. In questa prospettiva la presa in carico del paziente è un momento strategico e può segnare la qualità del percorso terapeutico.

I 15 punti dell’Accordo trattano temi fondamentali, quali il Piano Oncologico Nazionale (scaduto nel 2016 e non ancora rinnovato), le Reti Oncologiche, i Registri Tumori, le Breast Unit, i PDTA e il Team multidisciplinare nella gestione a 360° del paziente oncologico. E ancora: i Centri Accoglienza e Servizi, il fondo per i farmaci oncologici innovativi, i test diagnostici e l’accesso agli studi clinici, la psico-oncologia, le campagne di comunicazione sugli screening oncologici e gli stili di vita, fino all’annoso fenomeno delle fake news.

«Questo Accordo è un manifesto di politica sanitaria che, nei limiti della sostenibilità del sistema, può davvero costituire un programma ambizioso ma realizzabile», dichiara Ruggero De Maria, Direttore dell’Istituto di Patologia Generale dell’Università Cattolica di Roma e Presidente di Alleanza Contro il Cancro. «Nella Regione nella quale lavoro, il Lazio, sarà importante, insieme a un lavoro qualitativo in profondità, implementare un’informatizzazione efficace per essere preparati alla rivoluzione delle nuove strategie diagnostiche che analizzano il genoma tumorale».

Nel corso del Forum è stata presentata anche un’indagine sullo stato dell’arte della presa in carico e cura del paziente oncologico e onco-ematologico nella Regione Puglia, sottoposto a 25 oncologi e 12 ematologi responsabili delle Unità di Oncologia ed Ematologia regionali negli ospedali e nelle AA.SS.LL pugliesi.

«Dalle risposte emerge un quadro complessivo certamente incoraggiante, per la presenza di Gruppi Multidisciplinari di Patologia attivi in numerosi Centri», dichiara Vito Lorusso, Direttore U.O.C. Oncologia Medica, Istituto Tumori G. Paolo II, Bari. «Esiste un’offerta oncologica giudicata di buon livello su tutto il territorio, con alcuni aspetti che potrebbero essere perfezionati. L’istituzione della struttura organizzativa di coordinamento dell’attività dei Centri Oncologici avrà un impatto positivo sia attraverso l’implementazione dei Gruppi Multidisciplinari, sia soprattutto di PDTA con valenza regionale».

In questa prospettiva la Rete potrà dunque svolgere un ruolo fondamentale per realizzare un’assistenza veramente universale, senza disparità e squilibri di carattere, economico, sociale e geografico, migliorando la qualità delle prestazioni e riducendo i tempi d’attesa dei pazienti. L’indagine inoltre sottolinea l’opportunità di una chiara individuazione dei Centri d’eccellenza (HUB) e delle Unità Operative (soprattutto chirurgiche) che possano svolgere un maggior volume di prestazioni. Un altro auspicio largamente condiviso è infatti l’istituzione dei Centri di Orientamento Oncologico, nei quali il paziente possa ricevere immediata risposta alle sue necessità, grazie alla presenza di figure professionali come i Case Manager.

«In Puglia la Rete ematologica (REP) è una realtà ormai consolidata: è dal 2010 che abbiamo sentito l’esigenza di condividere i percorsi clinici facendo interloquire competenze ed esperienze, mettendo in atto azioni e strumenti per uniformare percorsi diagnostici e cure e per identificare i punti deboli, provvedendo a correggerli», afferma Giorgina Specchia Direttore U.O. Ematologia con Trapianto, A.U.O.C. Policlinico di Bari. «I risultati della survey sembrano confermare quanto la Rete sia un formidabile strumento di integrazione fra setting ospedaliero e territoriale allo scopo di ottimizzare le risorse e garantire elevati standard di efficienza e di qualità».

Per quanto riguarda le criticità, dall’indagine emerge la necessità da un lato di completare, ridefinire e far approvare dalla Regione gli specifici PDTA di patologia, dall’altro di ovviare alla carenza di risorse umane, per disporre di un numero di infermieri/medici adeguato al carico di lavoro e di figure amministrative esperte anche nell’informatizzazione dei dati relativi all’attività svolta.

L’indagine svolta in Puglia sarà replicata in altre Regioni d’Italia proprio per sottolineare le disparità di trattamento e individuare strategie per eliminarle. Il filo rosso sarà sempre quello delle Reti Oncologiche ed Ematologiche – ad oggi attuate compiutamente solo in 6 Regioni (Piemonte, Lombardia, Toscana, Veneto, Valle d’Aosta, Umbria) – che richiederanno nel corso della prossima legislatura un’attenzione molto particolare e un impegno realmente costante.

«Formalmente nel Lazio la Rete Ematologica non è stata istituita», dichiara Marco Vignetti, Ricercatore di Ematologia all’Università La Sapienza di Roma e Vice Presidente dell’AIL. «Tuttavia, dal punto di vista sostanziale esiste da molti anni su tutto il territorio regionale e gestisce tutti i pazienti ematologici. Sono inoltre attive la Rete Metropolitana del Trapianto e la Rete delle Malattie Mieloproliferative croniche».

A conclusione del suo quarto anno di attività, il progetto “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” si consolida sempre più come interlocutore di riferimento con le Istituzioni nazionali e regionali per la tutela dei pazienti oncologici.

«L’Accordo di Legislatura e l’indagine sulle Regioni sono per noi due punti di partenza strategici», conclude Annamaria Mancuso. «Nel corso della prossima legislatura continueremo ad essere un laboratorio di proposte per la politica nazionale e regionale grazie all’impegno delle 17 Associazioni pazienti aderenti al progetto, delle Società scientifiche e delle imprese. La presa in carico e la cura dei pazienti oncologici e onco-ematologici sarà sempre la missione del nostro progetto».

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