tassa soggiorno

NAPOLI – Comune famelico, pur con 13 milioni di imposta di soggiorno incassata nel 2022, chiede, alla Regione, una classificazione extralberghiera per pretendere maggiori entrate. L’ente locale vuole far cassa ai danni dell’extralberghiero, perché non è rientrato nella casistica imposta dal Governo, nella legge di bilancio, che consente di aumentare la tassa di soggiorno solo ai comuni che hanno registrato ospiti, nel triennio 2017 e 2019, per almeno 20 volte la popolazione residente.

E cosi, non solo crea disparità di trattamento con i clienti alberghieri, per i quali non è stato preteso aumento dell’imposta ma suddividendo pure il territorio per tariffe. Una scelta pure classista con gli esiti imprevedibili. “Sono tanti i rischi per questa proposta fatta dal Comune di Napoli alla Regione e l’iniziativa ci appare pretestuosa – cosi Agostino Ingenito, presidente nazionale e regionale dell’Abbac – Ecco perché chiediamo alla Regione di prendere – La verità è palese, l’ente vuole classificare solo per giustificare in tal modo una più esosa tariffa dell’imposta, con la scusante cosi di alleggerire il centro storico e garantire maggiore distribuzione di strutture in altri quartieri. E cosi potrebbe succedere che si arrivi ai 5 euro per una notte in un b&b nel centro antico a fronte di una tariffa ridimensionata per altri quartieri come Materdei piuttosto che Secondigliano. “La normativa ci impone già diversi adempimenti burocratici per il ruolo di agenti contabili, esattori per conto del comune per un’imposta che appare sempre più difficile da incassare- Ricordiamo che per l’ente siamo agenti contabili e non solo dobbiamo pretenderla dai clienti ma anche dichiararla, riversarla e rendicontarla, adempimenti quet’ultimi pretesi anche per le prenotazioni che provengono da Airbnb che con il Comune ha un accordo a forfait che non ci ha mai convinto. Chiediamo dunque al Comune di convocarci per chiarire le scelte anche in merito alla spesa di questi fondi di cassa che ci appare diventata una risorsa utilizzata alla bisogna dell’ente che, certo ha necessità di sostegni economici, ma che non può pretendere dipenda solo dal turismo e senza garantire quei servizi, decoro, sicurezza che fanno la differenza tra le località turistiche.Ricordo che solo poche settimane fa hanno aumentato il contributo di sbarco. Il rischio è che diventi esoso per il viaggiatore scegliere Napoli, con l’effetto di una scelta di soggiorno in località vicinore, trasformando la città in una meta meramente escursionista ed aumentando ulteriormente difficoltà di gestione dei flussi”.

Estratto della lettera inviata dal Comune alla Regione

Il consistente sviluppo dei flussi turistici in Campania, che nel 2022 hanno fatto registrare numeri superiori al 2019, ultimo anno pre Covid-19, determina la necessità, per il Comune di Napoli e per tutti gli enti locali a vocazione turistica, di disporre di risorse aggiuntive finalizzate, da una parte, a fronteggiare i maggiori costi correlati all’incremento della presenze e, dall’altra, ad effettuare investimenti . volti a permettere il consolidamento e l’ulteriore miglioramento delle performance registrate. In questo contesto, una leva significativa a supporto delle scelte strategiche delle amministrazioni è costituita, in coerenza con il quadro delle competenze in tema di federalismo fiscale, dall’imposta di soggiorno. Prevista dal D. Lgs. 23/2011, con questa entrata è infatti possibile finanziare interventi in materia di turismo, interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali. Il Comune di Napoli ha istituito l’imposta in questione già a partire dal 2012. Negli anni, il gettito dell’imposta è via via cresciuto, fino a raggiungere, per il 2022, l’importo di circa € 13,5 mln. Rapportato al gettito complessivo raccolto nell’ambito della Regione Campania, nel Comune di Napoli i riversamenti effettuati corrispondono ad oltre un terzo del totale. Il prevedibile ulteriore incremento delle presenze turistiche impone una riflessione approfondita rispetto ai criteri di tassazione attualmente utilizzati, criteri che, oltre a prendere in considerazione metodologie “classiche” e “lineari” finalizzate all’incremento del gettito, quali ad esempio il mero incremento dell’importo unitario da corrispondere per ciascun ospite, ad avviso di chi scrive devono riguardare anche la qualità dell’offerta ricettiva. Così come occorre prendere atto che, forse proprio per effetto della crisi sanitaria, la tendenza già in essere di graduale spostamento delle presenze di turisti dalle strutture alberghiere alle extralberghiere e alle locazioni brevi si è ulteriormente accentuata. Da questo punto di vista, il miglioramento della sinergia tra gli strumenti di pianificazione e programmazione di competenza dell’Ente Regione e gli strumenti attuativi dei Comuni costituisce un’esigenza imprescindibile. Proprio sul fronte delle strutture ricettive extralberghiere, si è avuto modo di appurare che presso diverse Regioni sono state adottate norme che prevedono un sistema di classificazione anche per queste strutture. In forza di ciò, comuni a grande vocazione turistica quali Firenze e Venezia hanno potuto approvare tariffe differenziate anche per tali strutture, in funzione del livello di servizio offerto. Venezia, in particolare, ha adottato una classificazione anche per le locazioni brevi, basata sulla categoria catastale dell’immobile. Oggi, in Campania, vige la previsione di cui all’articolo 10 della L.R. 17/2011, che prevede una categoria unica di classificazione per le strutture ricettive extralberghiere, mentre per le locazioni brevi non risultano disposizioni di legge regionale che disciplinino tale fattispecie, tanto che per esse non è nemmeno previsto l’obbligo di dotarsi del Codice Unico Identificativo previsto dall’articolo 13 della L.R. 16/2019. Tuttavia, si è dell’avviso che la previsione di criteri che possano consentire una classificazione anche per le strutture ricettive diverse da quelle alberghiere, oltre a mettere i comuni in condizione di prevedere una differenziazione rispetto al livello della prestazione resa, renderebbe maggiormente consapevoli le scelte degli utenti in termini di qualità del soggiorno, con conseguente impatto sulla percezione dell’esperienza turistica. D’altra parte, la leva della classificazione potrebbe essere utilizzata anche al fine di favorire, a parità di qualità della struttura ricettiva, un decongestionamento di zone oggi forse eccessivamente sfruttate, per le quali potrebbe essere previsto un incremento dell’imposta, creando le condizioni per favorire altre zone oggi meno gettonate, in cui l’offerta potrebbe di converso divenire maggiormente conveniente. Stante l’intenzione dell’Amministrazione di avviare un percorso amministrativo che definisca i presupposti e i criteri che consentano tale differenziazione, si richiede che sia avviata un’istruttoria in tal senso, dichiarando fin d’ora la massima disponibilità a confronti di merito ed a fornire tutto il supporto necessario.

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