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NAPOLI – “L’arte è l’ultima forma di speranza”. Occorre soffermarci su questa citazione del pittore Gerhard Richter e partire da qui per il nostro viaggio intorno al mondo.

Inaugurerà venerdì 26 aprile alle ore 17, nell’iconica cornice di Castel dell’Ovo a Napoli, la prima tappa di un percorso espositivo che farà il giro del mondo.

Dieci opere a venti mani, quelle di dieci artisti provenienti da ogni angolo del mondo, saranno esposte nella mostra “Traveling Canvas”, promossa da ART1307 con la curatela di Cynthia Penna e jill moniz, e che gode del sostegno dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli.

Cinque uomini e cinque donne per dieci tele che hanno viaggiato in lungo e largo raggiungendo tre continenti, passando di mano in mano. Una staffetta artistica non solo di grande valore scientifico (gli artisti coinvolti sono tutti nomi di spicco nel mondo dell’arte contemporanea internazionale) ma soprattutto di grande valore simbolico, in una società che crea muri culturali e alza barriere fisiche.

Come spiega la curatrice e direttrice scientifica di ART1307 Cynthia Penna il progetto The Traveling Canvas nasce da un’emergenza. “La bellezza non può più attendere. L’umanità non può più attendere.

The Traveling Canvas intende inviare un chiaro messaggio politico che è quello dell’integrazione nel rispetto delle diversità – spiega Cynthia Penna – In un mondo solo apparentemente e solo commercialmente globalizzato, la struttura delle società si sta pian piano disgregando a causa di individualismi e separatismi di ogni sorta: religiosi, razziali e politici. In questo scenario l’arte è l’elemento disturbante di un andamento di deriva verso i separatismi e le intolleranze che stanno caratterizzando le società contemporanee.”

Il progetto ha messo in relazione fra loro dieci artisti (Marie Fatou Kiné AW, Yuki Kamide,Claudia Meyer, Ana Rodriguez, Carla Viparelli, Dawit Abebe, Dino Izzo, Yasunari Nakagomi, Miguel Osuna, Duane Paul) che non si sono mai conosciuti e non hanno mai lavorato insieme, appartenenti a culture e credo religiosi diversi fra loro; provenienti da retaggi e basi culturali di Continenti diversi. Messi insieme a lavorare, ma non fisicamente riuniti, bensì ognuno nella solitudine del proprio studio, nella propria città e nella propria nazione, ma su una tela dove “altri” artisti hanno lavorato o dovranno in seguito lavorare. Prefigurarsi il futuro intervento di altro artista sulla medesima tela e semmai sul proprio tratto pittorico, sul proprio gesto, sul proprio segno, può essere destabilizzante e richiede grande apertura mentale ma anche molto rispetto per gli altri.

Il progetto è stato senz’altro una sfida, un rischio, una sperimentazione inedita di dove e fino a che punto spingersi o spingere il proprio ego a fare i conti con l’esistenza di altro da sé.
Se l’arte apre le menti, invitando al nuovo, al rivoluzionario, questo è il momento per presentarla al mondo come “LA” soluzione, non in termini specificamente artistici o estetici, ma in termini di struttura del procedimento logico/psicologico/sociale .

In esposizione, accanto alle dieci opere esito del lavoro congiunto dei dieci artisti, sarà mostrato il percorso effettuato attraverso una documentazione fotografica e narrativa sotto forma di “diario di viaggio”.

Alla mostra napoletana seguiranno le esposizioni di Los Angeles (CAL STATE University), Den Haag (ISS), Dakar (Ifan Museum); mentre altri accordi si stanno prendendo con istituti di cultura e musei in altri Paesi nel mondo.

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