NAPOLI – In un’immaginaria classe distratta e caciarona appare silenzioso e sornione un professore. Con fare morbido, toglie il soprabito sdrucito, poggia la sua valigia sulla scrivania e da essa comincia a trarre fuori l’insolito strumentario per la sua lezione… la classe tace… constatato che nessuno degli alunni immaginari è disposto a conferire sull’argomento del giorno, O.T. (Orfeo Travasci, questo è il nome del prof., che solo alla fine dichiarerà), dopo avere informato di dovere sostituire un collega e di essere un docente di Storia e Filosofia, prende la parola e sciorinando una particolareggiata, quasi musicale digressione sulle vicende di Federico II, argomento del giorno, scivola poi precipitosamente verso un’altra storia, questa volta di uomini comuni, coinvolti in un tragico fatto di cronanca, ambientato nella Napoli del 1980, anno che nella memoria collettiva della città resta per sempre legato al terribile sisma del 23 novembre.
Tutto inizia con un laccio di scarpe che si spezza prima d’un normalissimo giorno di scuola, per Costantino, che a causa di quell’evento apparentemente del tutto insignificante, si ritrova trafitto da una pallottola vagante durante un attentato camorristico col quale, il povero ragazzo, nulla ha a che vedere. Il racconto di Travasci diventa allora la minuziosa e delicata descrizione dell’attraversamento di un dolore che vede coinvolti tutti i membri della famiglia di Costantino: Rosario il padre, Bianca la madre e, soprattutto, Ferdinando, suo fratello gemello.

Ecco allora che l’aula apre i suoi confini visivi ed attraverso la lavagna rivela una finestra sugli interni in cui quel dolore si è consumato. Travasci alterna allora il suo racconto in terza persona a quelli in prima, dando corpi, voci e volti, senza soluzione di continuità, ai protagonisti di questa storia di vite comuni sconquassate dall’assurdità del caso. Ma il racconto volge poi verso una nuova possibilità, quasi a voler rispondere all’implicita domanda che è sottesa all’intera narrazione: cosa c’è oltre il caso? Cosa si trova oltre il dolore? E allora la storia di Travasci diviene quella del giovane gemello Ferdinando che, sollecitato da altri casi fortuiti (l’incontro con uno strano signore che gli parla di “porte di confine”) decide di scendere negli Inferi, non quelli lontani e mitologici, più semplicemente quelli nascosti dentro ognuno, dietro una porta o una botola qualsiasi.

È un atto di coraggio privo di ogni speranza quello di Ferdinando, una resa dei conti con l’assenza e col vuoto lasciato dal fratello che non c’è più, un tentativo di colmare questo vuoto con una forza che non può avere nome ma che quando ti attraversa, trasforma le cose. Una forza che solo per convenzione si può chiamare amore. Ed è in virtù di questa forza che Ferdinando reincontra Costantino – forse solo nella sua immaginazione, o forse in un luogo dove lo spazio e il tempo non hanno più il fluire di sempre, e allora i due divengono uno, divengono mille e centomila… divengono tutti quelli che il caso ha lasciato morire senza una ragione ed in virtù di una violenza ottusa, e si trasformano nella forza distruttrice e rigeneratrice di un sisma… quello del 23 novembre.
È una storia senza lieto fine, ma solo perché nessuna storia – come lo stesso Travasci dice – ha mai una fine, e forse nemmeno un fine… ogni storia è somma provvisoria di altre infinite storie, una complessa trama di rimandi, indizi, apparenti o sostanziali coincidenze… di lacci che si spezzano ma qualche volta si sciolgono soltanto e a noi non resta – come Travasci dice congedandosi – che riallacciarli. Impeccabilmente.

Prezzi: a partire da 15 €

Durata: 70 minuti

Orari spettacoli: 21 febbraio h. 21:00, 22 febbraio h. 18:30

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