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I cuochi dell’Alleanza Slow Food: «Noi non diamo solo da mangiare, contribuiamo a cambiare la vita delle persone»

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NAPOLI – «Io non do da mangiare, chi viene da me vive un’esperienza. Ricordo il volto di chi è venuto a trovarmi e mi dice “Non ho mai mangiato una carne del genere”, le persone ritornano nel mio ristorante e mi sorprendono con un: “Lei ha cambiato la mia vita”. Il cibo, così come il vino, per me è un amico: tutti noi viviamo vite molto complesse e l’unico modo per avere un corpo in salute e una mente funzionante è vivere una relazione felice con il cibo che ingeriamo. Se mangio tossine il mio corpo va giù e la mia mente non funziona. Questo vale per tutti gli ingredienti, a partire dai cereali e dalla carne. Quest’ultima in particolare non può essere un elemento di una catena di produzione industriale, ma deve arrivare da animali che hanno vissuto una vita serena. Quando la preparo non aggiungo sale perché voglio che si sentano il bosco, la natura, l’erba, solo così posso raccontare la sua storia. Vado io nelle aziende e scelgo il meglio di quello che è disponibile. E quindi la sfida qual è? Trovare fornitori che la pensano come me e che condividono i miei stessi valori». Roberto Crocenzi, della Trattoria da Roberto a Montosi (Montalcino, SI), è uno dei 100 membri dell’Alleanza Slow Food che si sono ritrovati in questi giorni a Bologna in occasione di Sana Slow Wine Fair dopo due anni difficilissimi. Obiettivo dell’appuntamento è capire insieme come creare comunità resilienti intorno ai cuochi, in grado di rispondere con una strategia condivisa ai principali problemi che stanno vivendo oggi la ristorazione e la filiera di qualità da cui si riforniscono.

E proprio l’Alleanza Slow Food dei cuochi, che conta – in tutta Italia – circa 470 aderenti, può rappresentare una risposta. «Quello che distingue il nostro modello di ristorazione è l’approccio umano e relazionale. È la capacità di aiutarsi l’un l’altro, di creare forme di supporto reciproco che si adattano alle esigenze, ai territori. Il cuoco dell’Alleanza non si rivolge a chi è di passaggio, ma stabilire un dialogo con le persone, che arrivano anche da molto lontano per vivere un’esperienza, conoscere e imparare» sottolinea Giacomo Miola, vice presidente di Slow Food Italia.

Uno degli obiettivi dell’incontro è affrontare e discutere con i cuochi della rete il grande tema della carne, invitandoli a privilegiare carni di migliore qualità, a ridurre i consumi, scegliere allevamenti che lavorano gli animali con rispetto. «Si tratta di un percorso che vogliamo fare insieme ai cuochi della nostra rete, perché siamo convinti che con le loro scelte possano testimoniare che ridurre i consumi di carne senza perdere in qualità e piacere del gusto è possibile. Gli animali che vivono bene sono quelli che possono stare all’aperto, che hanno accesso al pascolo, che sono nutriti con foraggi freschi e fieni composti di più essenze, con cereali e leguminose che non provengono dall’altra parte del mondo. Acquistare la carne di chi alleva in modo naturale significa sostenere un’agricoltura e una zootecnia di qualità, in equilibrio con il contesto territoriale» ricorda Raffaella Ponzio, responsabile biodiversità di Slow Food.

E uno dei principali testimonial dell’Alleanza è Paolo Betti del Rifugio Maranza di Trento: «Il mio ristorante si trova a 30 minuti dal centro abitato più vicino, anche recuperare le materie prime può diventare un problema. E quindi la cooperazione tra noi cuochi e con i fornitori è fondamentale. Nel corso degli anni sono andato molto oltre, producendo anche i cereali per le mie farine. Oggi c’è un orto a cui tutti possono collaborare ritirando le verdure per il proprio consumo. Lavoro con alcuni ragazzi che presentano disabilità psichiche: da quando ci aiutano nella produzione delle materie prime loro stanno meglio e io sono proprio felice quando nel mio rifugio arrivano gli ortaggi curati da loro. Tutto questo è senza dubbio difficile ma mi permette di raccontare una gran bella storia». Leggi qui l’intervista a Paolo Betti.

Toccante anche la storia che racconta Luca Doro, nella sua pizzeria Doro Gourmet di Macerata Campania (Caserta): «A noi non bastava più conoscere i fornitori, per questo abbiamo lanciato un progetto che si chiama “l’impronta, il passo successivo”, cioè abbiamo adottato i terreni dove ad anni alterni si coltiva il lupino gigante di Vairano del Presidio, abbiamo adottato le capre del conciato romano, altro Presidio, e anche gli ulivi millenari da cui ricaviamo il nostro olio. Facciamo in Campania quello che negli Stati Uniti si chiama Community Supported Agriculture, cioè diamo ai contadini e agli allevatori una sicurezza ancor prima che loro mettano al mondo i loro prodotti. Il nostro, sia con i fornitori che con i clienti, è un approccio empatico, non manageriale».

Sana Slow Wine Fair si conclude in bellezza martedì 29 marzo con tre masterclass e un incontro. Sono due le masterclass dedicate ai vini francesi: la prima è sulle Cuvée de Prestige dello Champagne con la partecipazione di alcune celebri maison, mentre la seconda è un viaggio tra i pinot neri del territorio di Morey-Saint-Denis. La terza degustazione guidata della giornata è invece incentrata sui Grosses Gewächs tedeschi, vini secchi a base Riesling. La Slow Wine Arena ospita, invece, un incontro sul vetro e i packaging sostenibili che farà il punto sui metodi ottimali per preservare il vino. Scopri l’agenda completa del terzo e ultimo giorno della manifestazione dedicata al vino buono, pulito e giusto sul sito di Sana Slow Wine Fair.

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